Il primo obiettivo di questa fase politica consisterebbe nel rientrare nella normalità. Dopo una campagna elettorale stressatissima, dopo un esito al fotofinish, dopo i colpi di coda del Caimano, adesso si tratterebbe di ricucire. Perché è vero che come ripetono tutti l’Italia è spaccata in due; ma intanto la soluzione non consiste di necessità nella Grande Coalizione. Non è il caso nemmeno di ergere verità dogmatiche sul diritto/dovere di governare e velleitarismi sulla logica stringente dell’alternanza. Va riconosciuto semplicemente che lo scontro politico è stato fortissimo, e se una coalizione ha vinto, e se la sente di formare un governo, lo schema è appropriato. Anzi, come spiega un anonimo che ha spedito via sms un talentuoso rap "civile", dopo l’avance di Silvio Berlusconi sulla Grosse Koalition: «Trent’anni e più sono passati / ma gli argomenti non son poi molto cambiati / «con la metà più uno il paese non si governa, / è troppo il rischio per una democrazia moderna». / Le parole di Berlinguer fanno un effetto strano / nell’affilata bocca del Caimano». In sostanza, prima di arrivare a una sorta di nuovo compromesso storico, occorrerà esperire tutte le possibilità offerte dal funzionamento dello schema bipolare. Anche perché non sfugge a nessuno che ciò che per Marco Follini significa mediazione per riprendere in seguito, e in migliori condizioni, la formula dell’alternanza, per molti altri rappresenterebbe una voluttuosa chance di ritorno al pentapartito, o giù di lì. Resta sul tappeto, in ogni caso, il problema di una riconciliazione delle due Italie che si sono scontrate il 9-10 aprile. Perché non è affatto vero che lo scontro politico non ha coinvolto più di tanto la società civile. La guerra civile a bassa intensità innescata da Berlusconi ha lasciato una scia di rancore. Ci vuole un’illusione tipicamente buonista per ignorare il fatto che mezza Italia guarda l’altra metà con sospetto, gli uni che considerano gli altri dei "coglioni", e quelli dell’Unione che giudicano delinquenti gli elettori della Cdl. E allora come si fa a trovare una modalità per riavvicinare queste Italie contrapposte e ostili l’una all’altra? Al momento non ci sono tante possibilità se non quella di trattare con intelligenza e duttilità le decisioni istituzionali che dovranno essere prese nei primi atti della legislatura. È opportuno riportare e chiudere il conflitto entro la prassi istituzionale, all’interno di un efficace funzionamento delle istituzioni. Ci sono tre passaggi chiave, nelle prossime settimane: l’elezione dei presidenti delle Camere, l’elezione del presidente della Repubblica, il referendum confermativo sulla riforma costituzionale. Sui presidenti di Camera e Senato non c’è troppo da dire. Non ci sarebbe niente di scandaloso se si trovasse modo di concordare con la Cdl, in un ramo del parlamento, l’elezione di una figura considerata di garanzia, senza sollevare squilli di tromba partigiani, che a sinistra si sono già sentiti (nel senso di: eleggiamo chi ci pare, perché abbiamo vinto noi). Quanto al Quirinale, il gioco si fa ancora più complicato. Eppure il Colle è la casella forse decisiva sulla scacchiera istituzionale, quella che darà la misura dell’intensità residuale di conflitto. Sotto questa luce, l’offerta di una trattativa aperta e civile alla Cdl, una consultazione decente fra gentiluomini (se non si vuole parlare con il Caimano si può sempre parlare con Gianni Letta) può portare a una soluzione che non appaia un atto di forza, e che dia rappresentanza a tutti quei cittadini che hanno apprezzato lo sforzo di solidarismo nazionale che ha modellato il settennato di Carlo Azeglio Ciampi. Infine, il referendum. D’accordo, la riforma della Cdl è un obbrobrio e va buttata via. Ma va persa di vista una prospettiva riformatrice sul piano costituzionale? Ecco allora che contatti e consultazioni con il centrodestra saranno utili per aprire un discorso per il futuro. Non per progettare insieme stupidaggini presidenzialiste sudamericane, ma per razionalizzare un sistema parlamentare in chiave moderna, e renderlo capace di prendere decisioni. Alla fine, se lo si riporta dentro il meccanismo istituzionale, il diavolo, cioè il conflitto fra le due Italie, potrebbe anche essere meno cattivo di quanto non appaia.
27/04/2006