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Se tre minuti vi sembran pochi

20/04/2006

Dopo i duelli elettorali in tv abbiamo a disposizione una buona quantità di materiale da analizzare. Meglio l’efficienza fredda di Clemente Mimun o la veste tricamerale di Bruno Vespa? E soprattutto, funzionano i confronti a minutaggio? Prima di rispondere, conviene prendere nota di un aspetto particolare. In un libro recente, "Convergenza multimediale e analisi sociologica" (edizioni Il Segnalibro), la studiosa di processi comunicativi Angela Maria Zocchi, sulla scia di Pierre Bourdieu, mette in rilievo che la televisione tende a privilegiare i cosiddetti "fast thinkers", ovvero gli specialisti del pensiero usa e getta. L’argomento è che dietro l’apparenza di equilibrio democratico che ogni ribalta televisiva esibisce c’è un «lato oscuro» in cui il «pluralismo apparente dei media» rivela un aspetto essenzialmente manipolatorio. Si tratta di vedere intanto se il "pensiero veloce", quello imposto dai 30 secondi della domanda, dai due minuti e mezzo della risposta e dal minuto della eventuale replica rappresenta una modalità praticabile o una distorsione implicita. In teoria il tempo limitato, che riduce a slogan i programmi politici, dovrebbe essere una regola favorevole al "fast thinker" Berlusconi, uomo di televisione, padrone del mezzo e soprattutto padrone dei mezzi. Mentre Romano Prodi doveva trovarsi in difficoltà a riassumere le sue argomentazioni in 150 secondi. Si è visto invece che in certe momenti il tempo contingentato era perfino troppo ampio, e i contendenti dovevano riempirlo con sequenze di parole amorfe, riempitivi o scarti laterali, passaggi strumentali o incongrui ad altro argomento. C’era la disabitudine dei duellanti al rispetto dei tempi, e va bene. Ma nel format del faccia a faccia si è anche riscontrato un aspetto richiamato ancora dalla Zocchi, «un’elevata autoreferenzialità consolidata anche dalle relazioni personali» (sempre le stesse facce, come diceva Bourdieu, che producono «effetti di chiusura e, tanto vale dirlo, di censura»). Un giornalista che conduce, due giornalisti che formulano domande, due contendenti che dibattono di entità enigmatiche come l’avanzo primario: l’effetto di autoreferenzialità è inevitabile. Eppure non si capisce come alcuni abbiano rimpianto le tele-risse con le voci sovrapposte, le urla, i commenti beceri. Non si può volere l’America solo quando fa comodo. E quanto al confronto Mimun-Vespa, meglio Vespa, ai punti.

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