Premessa: noi non siamo neutrali, facciamo il tifo per Bologna. Condividiamo integralmente (di più, fanaticamente) il giudizio di Pier Paolo Pasolini: «Cos’ha Bologna, che è così bella? L’inverno col sole e la neve, l’aria barbaricamente azzurra sul cotto. Dopo Venezia, Bologna è la città più bella d’Italia, questo spero sia noto». Che sia noto, boh. Ma queste parole tornavano in mente vedendo il film di Francesco Conversano e Nene Grignaffini, "Dove la bellezza non si annoia mai", in cui Bologna veniva incontrata e descritta dagli occhi e dalle suggestioni di Tahar Ben Jelloun (su Raitre, il 31 marzo alle otto di mattina; la settimana successiva tocca a Björn Larsson raccontare paesaggi emiliani attraverso le vie d’acqua). Nel primo di questi "Diari di viaggio" realizzati per Rai Educational, Ben Jelloun non si limita a conoscere alcuni bolognesi eccellenti, autoctoni e d’elezione, come Francesco Guccini, Eugenio Riccomini, Umberto Eco, Stefano Benni. Ciò che colpisce, fin dalle prime immagini, è proprio l’incanto della città, raffigurata nel suo colore inconfondibile, guardata dall’alto per poter assistere allo spettacolo dei tetti e delle torri. Vabbè, noi siamo parziali. Eppure anche a un occhio imparziale non può sfuggire il senso profondo di Bologna, bene individuato da questo film: cioè quella «regola civile» iscritta nella comunità, anche nelle sue forme esteriori, di cui parla Sergio Zavoli in un filmato d’epoca "citato" nel montaggio del documentario. Come spiegava bene uno degli intellettuali più conosciuti di Bologna, il critico d’arte Riccomini, la stessa piazza Maggiore è un progetto civile, la «costruzione di un vuoto» per poter rendere possibile l’incontro dei cittadini, una specie di pratica vivente della convivenza "democratica". Ciò che sorprende è che lo scrittore Ben Jelloun non si limita a parlare e a vedere: fissa lo spettacolo di Bologna con rapidi schizzi sul suo taccuino, se ne appropria, ridisegna la città per poterla rivivere. Sono questi scorci che rivelano la sostanza profonda della città, i portici descritti da Eco, il memoriale della Resistenza di cui parla Benni. Forse il segreto di Bologna è proprio la coincidenza di misura civile e di misura urbana. Una misura che non esclude il conflitto, ma offre luoghi e modi per comporlo. E che questo film riesce a rivelare con uno stile fatto soprattutto di pudore e onestà, senza nessuna retorica.
13/04/2006