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Incubo pareggio

02/03/2006

Il pareggio è un incubo, un miraggio, un’opportunità. Tutto sta a intendersi su che cosa significa la parola pareggio. Perché la situazione, al momento è più o meno la seguente. A fronte della flemma olimpica manifestata dall’Unione, Silvio Berlusconi risale. Lima frazioni di percentuale. Man mano che ci si avvicina al voto, la Casa delle libertà si rinfranca. La violentissima campagna mediatica del Cavaliere, insieme con la sua spregiudicata campagna di alleanze con i neofascisti, è fruttuosa. Per ora lo sforzo berlusconiano sembra dare risultato più rilevanti nel voto alla Camera, mentre al Senato, secondo il sondaggio Swg pubblicato in queste pagine, le distanze risultano più stabili. Mancano sei settimane al giudizio di Dio, e l’eventuale rimonta della Cdl può prefigurare lo scenario politico della Madre di tutte le manovre. E qui occorre chiarire che il pareggio non è un pareggio per tutti. Per Berlusconi e per Romano Prodi sarebbe a tutti gli effetti una sconfitta. Per il capo di Forza Italia c’è una sola possibilità: vincere. Berlusconi esiste in quanto "dominus" del sistema politico, come colui che modella lo schieramento bipolare. Se concludesse la sua risalita con un risultato di parità, riemergendo dai giorni in cui sembrava battuto a priori, allorché Giuliano Ferrara lo consigliava di trovarsi una via d’uscita e un successore, il Cavaliere diverrebbe comunque un politico fra gli altri. È vero che si tratterebbe di un mezzo miracolo. Perché vorrebbe dire che alla Cdl sarebbe riuscito il riequilibrio dopo una serie di vistose sconfitte elettorali intermedie. E sarebbe anche la dimostrazione che l’ideologia paga, che nell’Italia del Duemila il discrimine corre ancora fra "comunisti" e anticomunisti. Se Berlusconi rimonta, ciò significa che l’attività di governo è priva di significato, che la crescita zero non importa nulla agli elettori, che il degrado dei conti pubblici, con lo spreco dell’avanzo primario, e la perdita di controllo sulla spesa pubblica, rappresentano variabili irrilevanti. Eppure, anche in caso di "no contest", Berlusconi appartiene al passato. Così come anche Prodi. Il Professore infatti è il prodotto di alcuni fattori storici: è la garanzia cattolica su tutto il centro- sinistra, un’etichetta di governabilità che rende trattabile alla borghesia nazionale l’estremismo parolibero di alcuni partiti e alcune frange della sinistra. Ma nello stesso tempo è anche l’espressione del progetto bipolare, e quindi il suo volto è l’altra faccia di quello di Berlusconi. Tuttavia gli sconfitti dal risultato di parità sarebbero più numerosi. Le ali estreme delle due coalizioni, in primo luogo, e cioè Lega e Rifondazione comunista. Nonostante le minacce di correre in solitario, rinnovate ma anche presto rimangiate dopo l’espulsione dall’esecutivo di Roberto Calderoli, il movimento di Bossi è vitalmente legato alla Cdl: fuori dall’alleanza la Lega sarebbe un soggetto politico localistico, capace di drenare la protesta e le spinte xenofobe e antislamiche, ma non di portare al Nord trofei importanti come le riforme costituzionali e il federalismo fiscale. Quanto a Rifondazione, l’ammucchiamento al centro determinato dal pareggio la metterebbe ai margini: il caso Ferrando è trattabile all’interno dell’Unione, mentre fuori dalla coalizione l’esplodere di "espressività" caratterizzate da slogan come "una cento mille Nassiriya" porterebbe il partito a una deriva incontrollabile anche da un leader culturalmente attrezzato come Fausto Bertinotti. Ma il pareggio non farebbe bene neppure alla coppia di vertice dei Ds, ossia a Piero Fassino e Massimo D’Alema, che hanno puntato tutte le loro carte sull’alternativa al centro-destra e che si troverebbero in condizioni incerte di fronte a uno schema politico nuovo. Nel centro-sinistra in realtà si tende a guardare ai sondaggi ostentando sicurezza. Il costituzionalista Stefano Ceccanti smentisce l’idea che il Senato possa essere perso dall’Unione. Nell’entourage prodiano, Giulio Santagata fa notare alcuni aspetti risultanti da sondaggi in loro possesso: una tendenza alla crescita della lista unitaria; un profilo non straordinario del gradimento di Berlusconi; un orientamento degli astenuti potenzialmente più vicino all’Unione. Ottimismo? «Perlomeno non pessimismo, anche perché la nostra campagna comincia adesso». E allora occorre vedere quali sono i potenziali "vincitori del pareggio". A diverso titolo, i veri trionfatori in caso di parità, o di risultato politicamente illeggibile, sarebbero gli uomini a capo dell’Udc. La triade Casini-Follini-Tabacci. Ognuno di loro a diverso titolo e per ragioni diverse. Ma ai loro occhi il pareggio sarebbe un risultato eccezionale almeno per tre motivi. Primo, per la mancata vittoria del centro-sinistra. Secondo, per la riduzione di Berlusconi a uomo politico fra gli altri, con l’abbattimento della sua leadership. Terzo, e qui entriamo in zona altamente suggestiva, perché con il campo libero dal bipolarismo si spalancano praterie per qualsiasi ipotesi neocentrista, e per qualsiasi manovra di scomposizione e ricomposizione degli assetti politici. Quando Emanuele Macaluso segnala che l’obiettivo principale e immediato è «battere Berlusconi», perché tolto questo tappo «assisteremo a processi che renderanno fluida la politica italiana», indica un rischio, non solo un’opportunità. Perché i più pessimisti vedono dietro il pareggio la fine del bipolarismo e la grande corsa al centro. Un vortice in cui finirebbero Clemente Mastella, settori della Margherita, pezzi di Forza Italia. In cui potrebbe inserirsi anche Gianfranco Fini, approfondendo la democristianizzazione di An. Sullo sfondo, i salotti buoni, su cui si staglia la figura dell’ex commissario Ue Mario Monti, il primo a lanciare il "ballon d’essai" della formula neocentrista per fare le riforme «indispensabili al paese». E naturalmente i cosiddetti poteri forti, dalla Confindustria all’establishment economico terzista, a cui forse non sembrerebbe vero di poter diventare l’imprenditore politico di uno schieramento centrista destinato a occupare per l’eternità l’area di governo. Sono i miraggi e le opportunità della proporzionale. La vera legge canaglia della legislatura che si è conclusa. Perché si scrive pareggio, ma bisogna leggere fallimento della politica. E 12 anni di razionalizzazione del sistema, e del paese, semplicemente buttati via.

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