Questa rubrica televisiva è debitrice a un noto politologo vicentino di una intuizione. L’intuizione dice: non c’è soltanto Fiorello, capace di fare intrattenimento di alta qualità. Ah no? E chi ci sarebbe allora? Risposta: Neri Marcorè. Un istante di silenzio. E poi sorge immediatamente il dubbio, o chissà, la certezza, che l’intuizione possa essere vera. Perché come talento Neri Marcorè è piuttosto universale. Bravo imitatore, o meglio parodizzatore (il suo Maurizio Gasparri sputazzante e roco, preoccupato solo del proprio minutaggio tv, è definitivo, e anche il suo Pier Ferdinando Casini non scherza, tutto casa, chiesa e gnocca com’è). Ottimo attore, come si è visto nel ruolo difficile di papa Luciani, nella fiction tv per la Rai. Eccellente conduttore, come si può vedere tutte le domeniche su Raitre, nella benemerita trasmissione "Per un pugno di libri", il book game in cui si affrontano classi di ragazzi piuttosto preparati e diligenti (chissà dove li trovano, ci dev’essere una riserva indiana da qualche parte, con bravi insegnanti, tutti pronti per il reality "Il secchione e la secchiona"). Ma dove Marcorè, diplomato interprete parlamentare nelle lingue inglese e tedesco alla Scuola superiore per interpreti e traduttori di Bologna, classe 1966, supera un’asticella altissima, è nell’imitazione di Luciano Ligabue messa a punto ed eseguita nel programma di Serena Dandini "Parla con me" (giunto alla terza edizione, è ripreso da domenica 25 febbraio su Raitre, in seconda serata). Il Ligabue di Marcorè è perfetto dal punto di vista della voce. È oltre la perfezione nella gestualità padana, con ripetute e strategiche manipolazioni del pacco. Si colloca vicino al sublime nel delineare l’universo simbolico del rocker di Correggio, in una costellazione di culatelli, gnocco fritto e gnocche à la carte. Insomma, una parodia che per qualità sfiora quella, indimenticabile, con cui Corrado Guzzanti sfigurò Antonello Venditti con "Tutto Roma", la celebrazione canora del raccordo anulare con tutte le uscite («E se avremo una bambina poi la chiameremo ROOOMA!»). Anzi, fossimo in Ligabue, chiederemmo di poter duettare con il suo doppio. L’autoironia è l’unico modo per esorcizzare il dileggio. E nel frattempo, bisognerebbe trovare produttori, autori e idee per fare un programma alla Fiorello. Sono così rari i talenti, che quando se ne trova uno conviene coltivarlo al meglio.
08/03/2007