Si è già registrato il crollo piuttosto improvviso dei reality show; se tanto ci dà tanto adesso dovremmo essere giunti alla crisi del mondo velinaro, cioè pupe e calciatori, madame e salotti televisivi. Si dà il caso che le inchieste del pubblico ministero Woodcock fossero succulente, ma che non abbiano bucato definitivamente la cronaca. Per cui è opportuno chiedersi: e se dopo avere liquidato grandi fratelli e isole dei famosi lasciandoli alla fascia premoderna del pubblico, o ai nostri vizi sporadici, quelli a cui ci si concede nei momenti di noia, fosse venuta la voglia di abbandonare anche il mondo briatoreo di Porto Cervo e Poltu Quatu, dei tatuaggi e dei party, degli happy hour e degli incontri al sushi bar che preludono a una follia in discoteca? Sia detto tutto questo senza moralismi, naturalmente: ma soltanto perché un certo effetto di saturazione è ormai incombente da tempo, percepibile nello spirito del tempo. Succede allorché sulle pagine dei rotocalchi specializzati campeggiano facce e nomi sempre più difficili da ricordare, perché ascrivibili a programmi televisivi mai visti o a reality non decollati. Sicché alla lunga risulta insignificante leggere l’ultima intervista dell’"esterno" Coco, che sarebbe poi un terzino che ha cambiato diverse squadre senza imprimere svolte tattiche epocali, o l’ultima dichiarazione della Gregoraci, pupa che non sembra avere lasciato troppe tracce artistiche nella contemporaneità. Bisognerebbe per di più mettere agli atti che se anche il maestro e capostipite del gossip come genere mediatico e letterario, Roberto D’Agostino, si dedica sempre più volentieri alla ricostruzione di trame economiche, editoriali, bancarie e politiche, anziché concedere spazio su Dagospia ai mignottoni e alle mignottine, per questo vistoso spostamento d’interesse una ragione ci sarà. Non è la dimostrazione effettuale di un salto di qualità del paese, il passaggio dal trash a un nuovo impegno: si tratta più verosimilmente di una saturazione. Rotocalchi specializzati, palinsesti delle tv, programmi contenitore, ma anche la stampa d’informazione, hanno contribuito all’inflazione debordante del genere "spettegulèss". Alla fine, viene naturale il più immediato dei chissenefrega. Chissenefrega di Lele Mora in versione antico romano che si fa massaggiare i piedi dai giovanottoni, chissenefrega del calciatore beccato all’uscita della discoteca con l’altra, chissenefrega dell’orgia gay di una riserva della nazionale sullo yacht in Costa Smeralda. Anche perché non sarà questa la decadenza del paese, non sarà paragonabile al declino e alla caduta dell’impero romano: ma sembra piuttosto vero che l’opinione pubblica si è data al veliname e al mondo gossiparo come per prendersi una vacanza. Boys, è una dozzina d’anni che siamo schiacciati dal confronto su Silvio Berlusconi, oberati dal problema del risanamento, incalzati dai parametri, premuti dalla questione dell’avanzo primario e dalla riconversione dell’apparato industriale, per tacere dello sradicamento culturale e ideale indotto dal crollo delle ideologie e dei partiti. E quindi s’era detto, con un novecentismo adeguato ai tempi nuovi: lasciateci divertire. Va da sé che quel divertimento era un peccatuccio, e conteneva il proprio rimorso, la coscienza che si doleva: mentre si seguivano le vicende matrimoniali di Ventura e Bettarini o i fidanzamenti marinari e navali di Briatore, così come il contrastato amore fra Bobo ed Elisabetta, e le feste monstre del Cavaliere a Villa Certosa, comprese le eruzioni vulcaniche in offerta speciale, una vocina sussurrava infatti che sarebbe stato il caso di approfondire, che so, la faccenda della costituzione europea e la strategia per il Medio Oriente, e magari la ricostruzione del partito socialista in Francia e la rinascita dei democratici negli Stati Uniti. Adesso sembra venuto il tempo di tornare a sprovincializzarsi. Perché la ricreazione gossipara e velinara è stata divertente, ma ha significato anche un cercare riparo nelle pieghe tiepide della società nazionale, in una comunità che aveva deciso di preferire l’intrattenimento all’approfondimento. Non poteva durare. Il gossip può essere una parentesi, ma non contribuisce alla cultura diffusa, non aumenta il Pil, non incrementa la produttività e quindi la capacità competitiva sui mercati. Nel momento in cui le veline hanno stufato, si può soltanto pensare che hanno avuto un ruolo in una fase di passaggio, nella solita transizione, e che probabilmente in futuro ne avranno uno molto minore. Ce ne faremo ben presto una ragione. E forse, fra qualche stagione, qualcuno rimpiangerà, con la solita nostalgia, il tempo magico delle veline, cioè del nostro divertente disimpegno.
04/01/2007