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Silvio in stile Perón

23/12/2008

Bisognerà pur cercare di capire il misterioso progetto di Silvio Berlusconi per l’Italia. Dunque: da una parte si registra un comportamento mediocre rispetto alla crisi economica, senza misure significative. Anzi, si ha l’impressione che per diverso tempo il capo del Pdl non abbia messo a fuoco la gravità della recessione, forse contando che la provincia italiana potesse essere risparmiata dai disastri del capitalismo americano. E già questo potrebbe essere il segnale notevole di una cultura invecchiata, che non sa a registrare la complessità dell’economia contemporanea, nella quale è vero, come nelle teorie matematiche del caos, che un battito d’ali di farfalla a Los Angeles può provocare un uragano a Miami, e uno shock bancario a New York può investire anche Unicredit e altre banche italiane. Sta di fatto che i provvedimenti assunti dal governo appaiono modesti, spesso più di facciata che di sostanza (come l’orrenda social card), e comunque gravemente inadeguati se, come sembra, la crisi dovesse inasprirsi nella primavera prossima. Non dimentichiamo che il governo ha esordito con la misura epocale della detassazione parziale degli straordinari, mentre già si profilava, a saper guardare la realtà, l’esplosione della cassa integrazione: formidabile capacità di previsione, come accade sempre con la destra. Invece, nello stesso tempo, Berlusconi appare lanciatissimo nella sua specialità preferita, ossia l’attacco alla Costituzione, in particolare per ciò che attiene alla giustizia. Ora, la giustizia nel nostro paese è un sistema sfasciato. Per rimetterla in sesto occorrerebbero probabilmente non tanto campagne contro l’obbligatorietà dell’azione penale e per la separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, che contengono sempre il sospetto della volontà di vincolare i procuratori all’autorità politica, bensì riforme di funzionamento, tali da restituire efficacia alle procure e ai tribunali. È sempre il solito discorso: le riforme e le misure predisposte da qualsiasi governo resteranno lettera morta se non si innesteranno sulla ricostruzione di una linea di comando e di responsabilità. Ma evidentemente Berlusconi e i suoi ministri sono poco preoccupati dei funzionamenti reali. Altrimenti, mentre si festeggia l’esordio dell’alta velocità fra Milano e Bologna, si accorgerebbero delle enormi possibilità di miglioramento (diciamo così) del traffico ferroviario fuori dal binario futuribile dei supertreni. Dunque, Berlusconi è il capo di un governo ideologico, dove alcuni ministri inseguono le loro ubbie, altri evocano ogni due per tre le loro posizioni accademiche, e fra poco si assisterà a nuove invenzioni: dopo le solite brillantissime trovate sull’età pensionabile di uomini e donne, a quando il grande ritorno sul tema dell’articolo 18? Gli astratti furori del governo sembrano ignorare che anche nelle regioni più ricche e produttive nelle aziende si sta procedendo al taglio dei precari e degli interinali, mentre la cassa integrazione raggiunge volumi impressionanti. Mentre lo scenario diventa allarmante, Berlusconi sembra quindi in bilico fra il minimalismo andreottiano e una vocazione peronista. Ma quale sia il suo disegno vero, nessuno lo sa. Non c’è più il catalogo con «le nostre ricette», il liberismo dei primordi, l’adorazione di Reagan e della Thatcher, il "meno tasse per tutti". A guardare le cose con freddezza, si sa che le crisi possono essere utilizzate per intervenire sulla struttura di un sistema-paese: l’allarme sociale e l’inquietudine economica rendono possibili quelle riforme che in tempi normali sono rese impervie dalla mediazione politica. Niente di tutto questo. Nonostante il lodo Alfano, Berlusconi espone le reliquie del programma che fu, per ridimensionare i giudici, e su un altro piano per dividere il sindacato. Altro che governo "pro labour", come dicono i ministri "socialisti" del Pdl. Siamo davanti all’unione mistica fra la mediocrità governativa e la violenza antistituzionale. Ma allora, se vi piace, que viva Silvio Giulio Perón Berlusconi!

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