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A scuola da Bertolino

23/12/2008

La domenica sera, sul tardi, chi intercetta su Raitre "Glob – L’osceno del villaggio", potrebbe avere qualche sorpresa. In primo luogo perché il programma è piuttosto indefinibile: non si capisce bene se è un talk show o semplicemente uno show. Ma ultimamente gli ospiti sono azzeccati, di solito non sono quelli stravisti in tv, e offrono l’occasione di qualche curiosità. Che so, Massimo Fini che divulga il suo pensiero antimoderno. Ma "Glob" offre anche l’opportunità di una valutazione complessiva sul conduttore, Enrico Bertolino. Ebbene, Bertolino è un bravo intrattenitore. Aveva alcuni vizietti, come abusare del parolacciarismo, un metodo che consente di risolvere comunque una sequenza umoristica quando non viene la battuta buona. Ma adesso sta affinando il mestiere. Ha sempre quell’aspetto più da funzionario o da manager milanese che non da comico, tuttavia introduce nella televisione italiana una tonalità rassicurante: vale a dire l’idea che la tv non è soltanto un dominio del romanesco. Bertolino è settentrionale, di nascita e formazione milanese, e insieme a Claudio Bisio, Aldo Giovanni e Giacomo e a non troppi altri è uno degli ultimi eredi di quella cultura che a Milano riuscì fra gli anni Cinquanta e i Sessanta a intrecciare lo spirito della capitale del Nord con un sentimento nazionale. Lo si vede nei dialoghi (ad esempio con Lucia Vasini, dove mima un maschilismo di notevole efficacia). Infila sempre qualche parola hard di troppo, ma adesso la qualifica come slang di ambienti e "culture" precise, depotenziando l’eventuale volgarità. Non sarà mai un "prodotto" di massa, Bertolino; ma un buon intrattenitore, accidenti, sì.

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