gli articoli L'Espresso/

Il nemico perfetto

27/11/2008

Ad applicare schemi tradizionali, non si capirebbe granché della strategia del governo. Dunque, ci troviamo dentro una crisi economica dai contorni indefiniti, dall’evoluzione imprecisabile, che potrebbe avere conseguenze inquietanti sulla nostra economia e richiedere interventi molto più pesanti di quelli predisposti a tentoni dal governo Berlusconi. In circostanze simili, un minimo di cautela, se non di preveggenza, dovrebbe indurre le forze politiche di maggioranza e i loro leader più esposti pubblicamente a moderare i toni e a valorizzare un rapporto decente con l’opposizione. Potrebbe capitare infatti, non si sa mai, di dover accettare o chiedere un contributo di coesione, per fronteggiare con ragionevolezza civile gli eventuali picchi della crisi. E invece no. Come ha spiegato Matteo Colaninno, Berlusconi e i suoi gregari non perdono l’occasione per «mettere le dita negli occhi» all’opposizione. Il ministro Brunetta continua ad attaccare «i santuari della sinistra», mentre Maurizio Gasparri insulta pesantemente il leader del Pd («stupido, arrogante e incapace» nel caso dell’elezione del presidente dalla Commissione di vigilanza Rai). Ma l’attacco più forte, e a suo modo ideologico, è quello in atto contro il sindacato. Anzi, non contro il sindacato in generale, perché Cisl e Uil stanno intensificando le loro caratteristiche di sindacato «cooperativo» (il segretario della Uil Angeletti ha lasciato intendere che la base della sua confederazione lo orienta verso posizioni non antagoniste rispetto al governo). L’offensiva è invece esplicitamente contro la Cgil. Quale sia la razionalità di questa scelta strategica non è ben chiaro. La caotica vertenza della Cai ha dimostrato, e continua a dimostrare, che quando i sindacati ufficiali sono in minoranza, le componenti autonome possono condurre al caos un settore intero. Vale a dire che se il governo riuscisse effettivamente a umiliare la Cgil, stringendo accordi con le altre due confederazioni, dovrebbe poi fronteggiare gli esiti di un conflitto sindacale conclusosi con la mortificazione di un interlocutore, e le possibili azioni ricattatorie, nonché le agitazioni selvagge, dei sindacati minori. Conviene quindi cercare uno sfondamento? Conviene davvero trattare con sufficienza e astuzia malandrina Guglielmo Epifani, considerandolo e mostrandolo pubblicamente come un intruso da evitare? Soltanto un paio di stagioni fa questo appariva uno schema razionale ed efficiente per la destra. Dividere il sindacato, sconfiggere e marginalizzarne una componente, procedere con rapidità verso pacchetti di riforme "liberiste". Ma in questo momento il governo Berlusconi non ha in programma riforme liberalizzatrici. Anzi, la sua azione si sta sviluppando in termini corporativi, cercando di aggregare in un blocco coerente i ceti sociali che esprimono consenso verso il Popolo della libertà. E allora? A che cosa serve in definitiva l’offensiva contro la Cgil? A niente. O meglio, serve più che altro a introdurre quote di conflittualità nella politica e nelle relazioni industriali. Il Pdl è una coalizione eterogenea, e il centrodestra un’alleanza in fondo caotica. Può essere tenuta insieme più agevolmente, durante una crisi grave come l’attuale, se viene continuamente mobilitata contro avversari, nemici, sabotatori, fannulloni. Da questo punto di vista la Cgil è il nemico perfetto. Ha una chiara origine di sinistra, è "collaterale" al Partito democratico, raccoglie una rappresentanza di ceti (in particolare operai e pensionati) in via di emarginazione nei processi sociali contemporanei. È il nemico ideale, che ha come sola arma di rivalsa l’indizione dello sciopero generale, con tutti i rischi che ne possono conseguire. Si può dire quel che si vuole, che il governo non ha una concezione chiara di come fronteggiare la crisi finanziaria ed economica, ma non che non abbia idea di dove colpire. Come si è visto, la principale capacità del Pdl consiste nel selezionare i propri avversari, valorizzandoli quando si differenziano dal mainstream del centrosinistra e attaccandoli quando rappresentano il bersaglio ideale. Il governo Berlusconi è una compagine dotata di "cattiveria" agonistica, che ha individuato le zone deboli della sinistra e prova ad affondare i colpi. Una ragione in più per provare a difendersi con ordine, e a contrattaccare con lucidità: sullo stesso terreno, e non sul piano delle belle idee.

Facebook Twitter Google Email Email