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Per chi Striscia la risata

09/10/2008

Il trionfale ritorno di "Striscia la notizia" non sarebbe una notizia. Ma diventa interessante se ci si pone il problema del successo perdurante del programma firmato da Antonio Ricci. Trascuriamo pure il ruolo della premiata ditta Greggio & Iacchetti, perché qui si intende fare una analisi strutturale. Ovvero. Si ribadisce continuamente che il pubblico delle reti generaliste è fatto ormai dal blocco storico delle "nonne di Torre del Greco", ovvero le pensionate ultrasessantacinquenni meridionali con licenza elementare. E allora che cos’ha "Striscia" per riuscire a catturare l’attenzione anche di questo pubblico? Può essere benissimo in realtà che il programma di Ricci peschi stocasticamente nell’audience, secondo una formula e un format che dice "’ndo cojo cojo". E allora occorrerà porsi il problema se funzioni meglio una televisione tematizzata e con target circoscritti oppure una tv a dispersione. Perfino Santoro ha formattizzato "Annozero", con Travaglio in apertura e Vauro in chiusura, e in mezzo modalità espressive che tendono all’intrattenimento, all’effetto choc, all’effetto chic e all’effetto "czz!". Se le cose stanno così, forse si può dire che "Striscia" a suo tempo ha creato il modello, trattando l’attualità con gli strumenti dell’ironia, o dell’irrisione, e deformando la cronaca portandola dentro l’entertainment. Quindi la vera informazione, l’unica possibile, non la fanno i tg. La fanno invece i programmi come "Striscia" (e come "Ballarò", "Porta a Porta", "Matrix" ecc.). Perché oltre ai fatti contengono il commento. Qualcuno dei commenti dei programmi normali fa ridere, ogni tanto. Quelli di "Striscia", invece, quasi sempre.

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