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veltroni al bivio di settembre

13/08/2008

Certo è difficile inventarsi strategie politiche in agosto: e allora per il Pd conviene proiettarsi sulla riapertura dopo le ferie. Settembre può diventare una stanca parata di numeri due e di dibattiti frustranti alle ex feste dell’Unità, ora in molti casi Feste democratiche, in cui si continuerà a dire stancamente che Silvio Berlusconi con il suo governo non fa niente per i ceti poveri e il reddito fisso. Oppure si può cominciare a fare opposizione in modo convinto e convincente: se lo si fosse dimenticato, ci sono davanti a noi quasi cinque anni di governo di destra; ergo il mestiere dell’opposizione va imparato e praticato (è il mestiere che gli elettori hanno assegnato al Partito democratico). Prima premessa: fuori i conti. Pierluigi Bersani insiste che il deficit stimato dal ministro dell’economia Giulio Tremonti è sovrastimato, e lascia intendere che il guru no global dell’antimercatismo sta costituendo una provvista per i costi delle riforme future, forse per superare indenne gli shock di spesa del federalismo fiscale. Non conviene avere un’idea chiara e passare a una battaglia manovriera sui conti del superministro? Seconda premessa. Con una delle sue più spettacolari giravolte acrobatiche, Berlusconi ha annunciato che si taglia la spesa pubblica per non aumentare le tasse. Ma la riduzione del carico fiscale è sempre stata la stella polare del capo del Pdl; mentre adesso sostiene che ci dobbiamo accontentare che le tasse restino come sono, se non dovranno addirittura aumentare. Una presa in giro colossale, pronunciata con la faccia tosta dello statista preoccupato, mentre si ha la sensazione, come ha intuito Enrico Letta, che la flessione dell’Iva sia dovuta non solo e non tanto alla crisi dei consumi, bensì alla ripresa dell’evasione. Quindi è il caso di mettere a fuoco in primo luogo il tema politicamente più rilevante di questa stagione. A dispetto delle storielle di un’azione sedicente "di sinistra", per autocertificazione berlusconiana, il governo in carica e la sua maggioranza hanno tutto l’aspetto di un esecutivo esplicitamente classista. Hanno diviso in due la società italiana, corporando gli interessi delle imprese e del lavoro autonomo, premurandosi di aggiungere qualche lustrino e le fatuità come la "social card" per illudere la componente più inconsapevole di lavoro dipendente, pensionati e marginalità sociale. In questo modo, il governo sta consolidando il blocco sociale di riferimento, a cui concederà di arricchirsi sfruttando l’inflazione (cioè manovrando i prezzi ai danni di coloro che non possono rivalersi). Si tratta di un’analisi rozzamente materialista, come no; ma come talvolta succede, la rozzezza individua un problema; sarebbe dunque un errore per il Pd occuparsi soltanto dell’eleganza astratta dei diritti e delle costuzioni giuridico-costituzionali mentre la destra comincia a spolpare concretamente il lavoro dipendente a ogni livello professionale. E allora Walter Veltroni e tutti i ministri del governo ombra dovrebbero fare il piacere di uscire dall’estemporaneità e dalle dichiarazioni a stralcio sui singoli provvedimenti. Basta guardare gli attacchi al welfare, alla scuola, a tutte le strutture pubbliche, per rendersi conto che il governo Berlusconi sta preparando un colossale trasferimento di richezza da una parte all’altra della società. Qualcosa di simile a ciò che avvenne con l’adozione dell’euro, quando a interi settori e categorie fu concessa mano libera ai danni del reddito fisso. Se lo schema non fosse ancora chiaro, ripetiamolo: il Pdl sta preparando le condizioni per diventare una maggioranza permanente, e lo fa con i soldi degli altri. Poiché la situazione è drammatica, e la prospettiva scoraggiante, ci vuole uno scatto di iniziativa. Una ricognizione minuziosa sugli andamenti economici, sul contenuto delle misure del governo, e una campagna d’autunno razionale e corale. Per capirci: il discorso sulle riforme (federalismo, Costituzione, giustizia) non sono in questo momento la vera priorità per il Pd. La priorità effettiva è contrastare l’azione di una maggioranza politica che potrebbe costringere il Pd a diventare effettivamente, come ha detto Massimo D’Alema, un «minoranza strutturale» nel Paese e ad «aggregarsi» alla maggioranza, secondo il lessico del Cavaliere. Se non si coglie questa drammaticità, Veltroni continuerà a essere un capo politico ininfluente, il Pd un partito ipotetico, l’opposizione un esercizio fumoso. È ora di svegliarsi. Altrimenti, quando ci si sveglierà davvero, sarà il risveglio da un incubo a portare il Pd e i suoi elettori nella realtà più nera.

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