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Tragicronache

03/07/2008

Ci perdonino Nesti e Civoli, Dossena e Bagni, Cerqueti e Bizzotto e todos los otros (lo spagnolismo macaronico in onore dei nostri eversori ai quarti di finale) se li accomuniamo in una sola categoria televisiva, quella del Telecronista della Nazionale. Perché non ce l’abbiamo con uno di loro in particolare. Ma non ci sono piaciute le telecronache dagli Europei mitteleuropei. Anzi, diciamola tutta: facevano addirittura rabbia. E quindi vediamo i difetti del Telecronista idealtipico, magari per correggerli con un po’ di buona volontà la prossima volta. Punto primo: non si avverte un bisogno di retorica patriottarda. La Nazionale azzurra ha fatto pena anche contro una Francia in dieci e senza il bravo Ribery azzoppato: non era necessario trasformare una vittorietta risicata in un poema epico. Il calcio è nove volte su dieci di una noia letale, e quindi conviene aggiungere un buon tasso di interpretazione tecnica, non ululati nazionalisti. Già è un problema vedere Gattuso e soci che cantano l’inno (tranne l’oriundo Camoranesi e l’aspro Panucci, che tacciono) dicendo «siam pronti alla morte»; non c’è bisogno di aggiungere altro pathos. E poi, modesta proposta: non c’è nessuno alla Rai che faccia il tutor linguistico? Che fatica, sentire pronunciare "accelerare" con due elle, udire la parola "proseguio", l’"abbrivio", e accenti dialettali fastidiosissimi: «La squadra aggiocado… in prima battuda… ha colpido». Che ci vuole a richiedere a cronisti e commentatori un minimo di correttezza? (Per sfuggire a una cronaca particolarmente irritante, chi scrive ha guardato una partita sui canali tedeschi Ard e Zdf: auf wiedersehen, amici cari).

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