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Nacque lì l’Italia dei compromessi

22/05/2008

Per chi ha vissuto la storia emiliana, sotto il tallone morbido dei municipi rossi e della Legcoop, viene facile chiedersi come abbia potuto prodursi la riconciliazione fra comunisti e non comunisti, nel mezzo secolo seguito agli «inverni in cui nevicava sangue» di cui parla Giampaolo Pansa nel suo ultimo libro. Anzi, come sia stato possibile, dopo il funerale del comunismo internazionale e la metamorfosi mondana, socialista, liberale, verde e amazzonica del Pci, che una parte consistente del mondo cattolico, in Emilia, abbia scelto il "centrosinistra", qualunque cosa significasse questo termine, ben sapendo che dietro quella sigla e dietro il nuovo Partito democratico allignavano i comunisti vecchi e giovani, sempre loro. Bastava transitare in un seggio delle primarie sette mesi fa, quando il popolo scelse Walter Veltroni, per rendersi conto che sotto l’etichetta del nuovo partito "liberale" c’erano sempre l’apparato e la struttura del consenso pilotati dal vecchio Pci. E allora? Si perdoni qualcosa di personale. Ogni volta che capita l’occasione di incontrare qualche esponente del Pci, democratizzato dalle verità della Bolognina e della storia europea, mi torna in mente l’avventura di mio padre, cattolico e degasperiano, che non appena tornò al suo paese a due passi da Modena dalla prigionia in Inghilterra (era il febbraio del 1946), non ebbe esitazioni nel comprare una rivoltella Bernardelli calibro 6.75. Tanto per dire la dialettica politica di allora, piuttosto ruvida. Già, ma il problema è oggi. Una volta che Palmiro Togliatti, come racconta Pansa, ebbe normalizzata la federazione di Reggio Emilia,e quindi ridotto alla ragione anche il Pci delle province vicine, cominciò il lungo processo che avrebbe realizzato il "compromesso socialdemocratico". Ovvero: ortodossia ideologica, pragmatismo politico e amministrazioni che assecondavano lo sviluppo industriale, urbanizzando le periferie e facendo qualche infrastruttura per le nuove fabbriche. Ma intanto, i miei genitori non andavano a far spesa alla Coop, nel timore che i soldi versati alla cassa potessero finire a Mosca (per la verità, era Mosca che spediva dollari qui da noi a sostegno del movimento proletario, ma il popolo non conosceva queste sottigliezze). Mia madre ogni volta che parlava dei partigiani rabbrividiva: storiacce di paese, amplificate dall’incertezza e annebbiate dal tempo. Ragazze violentate, fidanzati collaborazionisti massacrati e sepolti sul greto del fiume Secchia, un fratello che se l’era cavata per un pelo, dopo l’8 settembre. I tedeschi se n’erano andati il 25 aprile, senza tragedie né ritorsioni perché da queste parti «si erano comportati bene». Ecco: racconti da accennare senza approfondire i particolari, che sono sempre irritanti e fanno venire in superficie roba che è meglio dimenticare. Insomma, la costruzione del centrosinistra è avvenuta col tempo, e senza cambiare di una virgola il giudizio sui comunisti. L’idea esposta da Togliatti proprio a Reggio in quel 1946, "Ceti medi ed Emilia rossa", prendeva le mosse da una concezione egemonica. A lungo si ebbe la sfortuna di subire il decalogo comunista, con la superiorità della consapevolezza culturale "di sinistra". Poi venne il 1974, con la vittoria al referendum sul divorzio, quando la Dc cessò di essere il partito unico dei cattolici. Al che, liberi tutti. Si trattava di trovare una sintesi non contraddittoria fra la politica nazionale, dove il Pci risultava un partito ancora nominalmente antisistema, fra centralismo democratico e lotte di classe, e la politica locale, dove il Pci era "il" sistema. Con il paradosso che nella terra dove il partigiano bianco Ermanno Gorrieri, ovverosia "Claudio", il comandante della Repubblica liberata di Montefiorino, aveva fatto tutto il possibile per essere competitivo nei confronti dei comunisti (altro che consociativismo, altro che inciuci), alla fine furono i comunisti decomunistizzati a cercare una cultura, una serie coerente di principi, dall’altra parte, fra i vecchi avversari. Senza che nessuno dicesse mai loro nulla, senza infliggere recriminazioni. In parte, a far pendere a sinistra anche i moderati era l’insofferenza per i "nuovi", i berlusconiani, gli ex neofascisti, i leghisti. Ma in parte perché si era trovato un criterio di convivenza. Offerto gratuitamente, a 360 gradi, dagli anticomunisti di tutti i colori, specialmente dai cattolici. (Eppure, di tanto in tanto, viene voglia di dargli uno scossone, a quei vecchi comunisti e ai loro discendenti, di prenderli a spallate: dai, adesso ditelo, che eravate ciò che eravate, e che avete sbagliato tutto, ideologicamente: fate uno sforzo, una confessione, un atto di dolore, per piacere, dite la verità, e vedrete che resteremo amici).

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