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La lunga marcia di Walter

22/02/2008

Riunioni su riunioni, in attesa dell’assemblea costituente. Mail che si intrecciano, documenti che passano di mano, consulenti che telefonano. Il programma. Il messaggio. I forum tematici da allestire. Le alleanze ancora sub judice. I "demos", cioè le indagini demoscopiche. «Hai l’ultimo demos di Ipr?». Walter Veltroni che guarda i sondaggi con freddezza: «Abbiamo appena cominciato una guerra asimmetrica». Già, non ci sono dubbi: «Noi siamo un partito nuovo, loro sono un listone elettorale». Sottinteso: hanno un bel da raccontare, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, che la loro unione nel Popolo delle libertà è ispirata dal popolarismo europeo, dalla radice cattolica e da una sopraggiunta comune cultura moderata e liberale (anche se sul liberalismo di Fini ed ex camerati ci sarebbe molto da commentare). La realtà è che il Partito democratico fa procedure pubbliche, la carta dei valori, lo statuto, si dimentica la Resistenza e poi la recupera, in un caos non proprio calmo ma creativo, mentre "loro" hanno fatto un’operazione di maquillage elettorale, mettendo insieme il recuperato doppiopetto di Berlusconi e l’impermeabile di Fini. Vedremo se ci finisce dentro anche Pier Ferdinando Casini, ma intanto c’è la "federazione" con la Lega, su base territoriale, e dunque è meglio essere realisti: «Dobbiamo recuperare dieci punti». Loro sono a 40, noi a 30. Dieci gradoni percentuali, una montagna da scalare di qui al 13 aprile. Meglio cominciare alla svelta. Si parte dal 30 per cento, e si affronta il sesto grado. Punto per punto. Quota 31 Prima di tutto, ci vuole un messaggio chiaro, chiarissimo, solare. Michele Salvati, autentico padre fondatore del Pd, dice che il primo punto si guadagna dicendo così: «Dobbiamo fare dell’Italia un paese decente e rispettato». Puntare su un’Italia "fair". Ciò significa marcare la prospettiva riformista, chiarendo che regole e legalità sono un principio a cui si deve affiancare un processo di modernizzazione furibondo. Proprio così, furibondo? «Furibondo», conferma Salvati: «Senza le timidezze con cui ci siamo giocati il consenso sulle liberalizzazioni di Bersani». E avanti. Quota 32 Il balzo all’insù consiste nel convincere la fascia alta dell’opinione pubblica. Lo staff di Veltroni ne è consapevole: «Dobbiamo riuscire a presentarci come il partito della crescita, e soprattutto della modernità intelligente. Nella legislatura scorsa ci siamo giocati un elettorato "nostro", il lavoro dipendente qualificato, il management, i quadri aziendali, i dirigenti del settore pubblico, perché li abbiamo subissati di tasse». Quindi occorre dare l’idea di un partito che renda più snello il rapporto con le parti sociali: «Bisogna convincere il sindacato a modernizzare». E nello stesso tempo guardare con duttilità verso le organizzazioni imprenditoriali: dopo Montezemolo in Confindustria ci sarà probabilmente un altro interlocutore non ostile, Emma Marcegaglia, che è andata a raccogliere il consenso con la debita intelligenza diplomatica anche nelle aree confindustriali di destra, e che quindi non farà sconti politici, ma apprezzerà i progetti più innovativi nel settore economico. Un gradino più su, allora. Quota 33 Avanti con il programma "shocking". Il primo atout del Veltroni Group è il comitato informale degli economisti. Enrico Morando coordina un pool a geometria variabile a cui contribuiscono liberal purosangue come Tito Boeri e l’ultrariformista Nicola Rossi, e poi Tiziano Treu e Carlo Dell’Aringa, insieme con il direttore dell’Ires Cgil Agostino Megale e Stefano Fassina, consigliere di Vincenzo Visco, uomo del Nens (il centro studi fondato da Visco con Bersani). Primo obiettivo: un programma audace di tagli alla spesa pubblica. Secondo alcune stime di analisti indipendenti, nei conti pubblici c’è un "tesorone" di 80 miliardi di euro, potenzialmente e tendenzialmente recuperabile razionalizzando la pubblica amministrazione. E quindi conviene rinunciare alle inibizioni e ai discorsi in sindacalese: tutto deve entrare in discussione, compresi gli automatismi del pubblico impiego. Bonus individuali, premi di produttività, ma soprattutto cultura del risultato: il traguardo non è fare gli atti burocratici dovuti, ma realizzare gli obiettivi. Cercando di introdurre una catena di comando funzionante, con responsabilità accertabili e misurazione puntuale dei rendimenti. E issa. Quota 34 Eccoci pronti per il salto successivo: una mobilitazione straordinaria di risorse intellettuali, per la parte più glamour e generazionalmente efficace del programma. In primo luogo un messaggio alle generazioni più giovani, con la proposta del voto a 16 anni, basata sulla vecchia idea di Nicola Rossi «meno ai padri, più ai figli», offrendo quindi rappresentanza alle nuove leve. «Una nuova generazione di italiani chiede un’Italia più aperta e dinamica, più giovane e mobile», conferma Veltroni. Sul piano delle realizzazioni di medio-lungo periodo, progetti di investimenti massicci nel settore dello spazio e dei satelliti (come il sistema satellitare europeo Galileo), insieme con il sostegno all’innovazione nella robotica, nel biotech, nella meccatronica, nel wireless. A cui si affiancherà un programma "monstre" di risparmio energetico: «È l’ambientalismo del nuovo millennio», dice Morando, «la possibilità di ridurre sprechi e consumi e nello stesso tempo l’avvio di un’industria nel settore ambientale». Ci giochiamo molto, su questo terreno, aggiunge Ermete Realacci, una delle anime verdi del Pd: «Anche perché è un ambito della politica che vede un’attenzione trasversale, nelle giovani generazioni per una propensione ecologica, nelle fasce centrali dell’elettorato per i possibili risparmi sulle tariffe, e anche nei ceti medi superiori per l’aspetto trendy delle politiche tecnologiche di controllo dei consumi». Si arriva così al punto di svolta. Quota 35 Metà strada. E qui arriva, potentissimo e delicato, il discorso delle tasse. Il listone di Berlusconi, capeggiato dall’ideologue colbertista Tremonti, per ora ha riciclato vecchie idee: l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, insieme a tecnicalità fiscali favorevoli al lavoro autonomo (come il pagamento dell’Iva solo al momento della fatturazione). «Fatto il risanamento, dobbiamo farci perdonare dai nostri ceti di riferimento», ha confidato Bersani. Se n’era convinto Romano Prodi, e anche Visco era d’accordo a redistribuire le risorse derivanti dal contrasto all’evasione. «Ma adesso», sostiene Salvati, «abbiamo bisogno di un cambio di marcia. Ci vuole un’altra tornata di liberalizzazioni strutturali, a cominciare dai servizi bancari e dai trasporti pubblici nelle città, e bisogna fare in modo che lo sgravio fiscale sia selettivo. Non possiamo adottare misure che mettano sullo stesso piano i contribuenti obbligati e gli evasori. E perciò occorre pensare a favorire la produttività, non la rendita». Quota 36 A questo punto comincia la fase due. Finora ci si è preoccupati di guadagnare il consenso delle élite, dell’establishment economico, degli studiosi liberali e trendy come Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, per fare breccia nell’opinione pubblica di centro. Ma l’identità del Pd non deve dimenticare una esplicita dimensione popolare, come ha sottolineato Veltroni a Spello rivolgendosi «alle donne e agli uomini, e ancor più alle ragazze e ai ragazzi, per cambiare l’Italia». Il rapporto fra l’efficienza di sistema e la solidarietà. E allora, grandissima questione strategica, le donne. L’altra metà dell’elettorato, oltre che del cielo. Possibili alcune candidature di superlusso, come quella di Evelina Christillin, musa della Torino "glam" di Sergio Chiamparino. Ma poi un programma praticamente scandinavo, per elevare il tasso di occupazione femminile, uno dei più bassi dell’Europa avanzata. Confida Veltroni ai suoi: «Qualcuno sa spiegarmi perché in Emilia le donne lavorano come in Europa? Evidentemente i servizi sociali funzionano, e non ci siamo dimenticati che Reggio Emilia ha le migliori scuole materne del mondo». Ergo, quintuplicare gli asili nido, come hanno fatto in Germania nell’arco di un quadriennio. Se passa il messaggio, siamo un altro passettino avanti. Quota 37 Il fatto è che bisogna ripensare largamente lo Stato sociale. C’è chi fa le battaglie sui valori, ma i valori è meglio declinarli nella realtà, come dice il numero due del Pd Dario Franceschini: «A noi non piace fare della retorica sulla famiglia; proponiamo misure realistiche e concrete: bonus fiscale alle famiglie numerose, credito d’imposta alle donne che lavorano». Sul piano del metodo, aggiunge Nicola Rossi, occorre individuare le criticità vere nel corpo sociale: donne lavoratrici, giovani precari, lavoratori over 55 spinti ai margini del mercato. E puntare moltissimo sulla scuola, senza cedere alle formule convenzionali. Come hanno dimostrato gli studi dell’Ocse, non serve a niente investire indiscriminatamente; occorre invece investire sulla professionalità degli insegnanti. Quota 38 «Non facciamoci aggredire da Berlusconi e dalla Lega sulla sicurezza», ha detto Franceschini. Per poi aggiungere: il Cavaliere ha già detto che punta sulla tolleranza zero verso rom e clandestini, con toni da caccia all’uomo. Noi dobbiamo spiegare invece che la sicurezza è un prodotto della cura urbana, della manutenzione, del decoro cittadino, del rispetto della convivenza. Che insomma si può parlare della sicurezza in modo non reazionario. Quota 39 Di nascosto, sottovoce, senza fare arrabbiare Fausto Bertinotti, occorrerà far capire agli indecisi di sinistra che potrebbe essere necessario il "voto utile". I sondaggisti come Nando Pagnoncelli (Ipsos) e Roberto Weber (Swg), stimano che almeno un 25 per cento di elettorato della sinistra "arcobaleno" potrebbe votare Pd come unico argine antiberlusconiano. E allora eccoci alla vetta finale. Quota 40 Ragazzi, se tocchiamo quota 40 vuol dire che l’Italia è cambiata. Che non dobbiamo morire berlusconiani. E per farla cambiare bisogna che non ci credano solo gli italiani. Occorre che ci creda l’informazione. Quindi, ventre a terra, curare i giornali. E che i media siano con noi. n

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