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Cuor di metropoli

31/01/2008

Si guarda con stupore la conurbazione infinita, con i suoi 12 milioni di abitanti, le luci, il traffico, e all’improvviso, la sera, il vuoto, apparentemente il nulla. Siamo a Los Angeles, in una delle città del progetto "Megalopolis" di Francesco Conversano e Nene Grignaffini (produzione Movie Movie, su Raitre il mercoledì alle 23,30; seguono San Paolo, Il Cairo, Shenzen, Karachi, Tokyo). Los Angeles viene ripresa dall’alto, mentre un elicottero la sorvola e in basso scorre il traffico incessante del secolo postnovecentesco. Su tutto sembra aleggiare la possibilità della catastrofe improvvisa, l’eventualità di un incubo metropolitano. Potrebbe accadere, da un momento all’altro, qualcosa di spaventoso. Un terremoto, un incendio, una rivolta razziale. Per questo buona parte del film è dedicata alla descrizione del controllo di polizia: una nervatura segreta, che incasella e tiene inquadrata tutta Los Angeles, evidentemente nella convinzione che la struttura della megalopoli è fragilissima: il confine fra legalità e criminalità la percorre tutta, e mentre la polizia si integra con gli abitanti (ronde, gruppi di cittadini), "l’altra città", quella delle gang dei latinos e degli afroamericani, si spartisce il territorio. Alla fine, la megalopoli è un film, una rappresentazione, un dramma quotidiano in se stessa. La science fiction è diventata realtà. Il Grande fratello orwelliano si è incarnato in una rete fittissima di computer, telecamere, strumenti tecnologici di controllo. Le riprese di Conversano fanno intuire una realtà che contiene altre realtà: la vita della megalopoli corre troppo in fretta, potrebbe dire un Baudelaire postmoderno, per il cuore di un mortale.

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