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Bel fantasma

17/01/2008

Nelle serate trascorse a zappare, nel senso di fare zapping, si incrociano un certo numero di canali, nel bouquet di Sky, in cui passano storie paranormali (fra l’altro, che bella parola, "bouquet": peccato che non si usi più per la televisione satellitare). Storie di fantasmi che si rifanno vivi, di morti che si lamentano, un ghost qui e un malmorto là, il sepolto nel posto sbagliato che non riesce a godere del sonno eterno e si lamenta perché c’è uno spreco di preghiere, a tutto vantaggio di quell’antipatico del vicino di tomba. Ormai il dito pollice è abituato, e non appena si accorge che sullo schermo tira aria di esperienze paranormali e di medium, scatta automaticamente sul telecomando a cambiare canale. Ma evidentemente in America c’è un clima favorevole ai fantasmi, ed è probabile che i produttori di fiction si siano accorti che sul mercato è forte la domanda di prodotti in cui si esorcizza la morte: ogni telefilm di questo particolare genere offre infatti visioni consolatorie, con i morti che sono sempre fra i piedi, e si guardano bene dal togliere il disturbo. Che dire? Niente. Ci sono tanti modi per sfuggire alla stessa paura. Si può fare come "Six Feet Under", in cui la causticità delle storie e delle situazioni depurava la trama dal fatto che i protagonisti erano beccamorti; oppure si può fare come in tutti i derivati del vecchio "Ghost", cioè offrendo l’idea che i cari scomparsi sono ancora con noi o possono ritornare. Con la conseguenza però che non si riesce più ad ascoltare "Unchained Melody" («Oh, my love, my darling, I’ve hungered for your touch», con tutti quei falsetti così emozionanti) senza ricorrere a un gesto apotropaico. E insomma, come si dice in questi casi: "li mortacci".

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