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Tutti i guai alitalia-cai

15/01/2009

Si dovrebbe sapere che una cattiva soluzione provoca continui problemi. E, in via subordinata, una cattiva soluzione è il sintomo di una mediocre qualità di governo. Sul caso Alitalia non vale neppure la pena di fare profezie. Si può prevedere che la compagnia di bandiera, sbandierata come grande successo berlusconiano, vessillo del governo di destra, gonfalone dei suoi trionfi, finirà smantellata, triturata, ceduta al prezzo di saldo, e il personale, per evitare disordini, deportato in una qualche Guantanamo. Ma le previsioni catastrofiste servono solo ad aumentare la nevrosi. Intanto c’è da capire che cosa sta succedendo. Nel momento in cui "la Repubblica" ha dato la notizia della probabile cessione del 25 per cento della società a Air France, è stato naturale per un riformista come Enrico Morando, senatore del Pd, lasciarsi cadere le braccia: «Siamo arrivati alla stessa conclusione (del governo Prodi, ndr), l’alleanza con Air France, ma facendo un lunghissimo giro, che ha solo peggiorato la situazione». Secondo Morando, il peggioramento comprende il mancato salvataggio della Malpensa, costi sociali più alti, e tre miliardi di euro accollati al bilancio pubblico. Tutto questo per un’operazione di immagine, e con l’intento di costituire un circuito di imprese "governativo". Una classica operazione alla Berlusconi, una specie di periplo lunghissimo affibbiato allo Stato, una crociera di lusso pagata con i soldi altrui. Furbizie dell’aeroportino. Solo che nel frattempo i nordisti governativi e non governativi, dal sindaco di Milano Moratti al presidente della provincia Penati e al governatore della Lombardia Formigoni, con il supporto di Umberto Bossi e della Lega, sono insorti, spingendo per riprendere le trattative con Lufthansa, che potrebbe forse garantire alla Malpensa un futuro migliore. Forse. Tutto ciò mentre decollavano dichiarazioni bellicose, tipo "il governo farà sentire il suo peso" e "Berlusconi farà sentire la sua voce". Il partito tedesco è soltanto uno dei protagonisti di un gioco dei quattro cantoni a cui hanno partecipato tutti (il governo, l’opposizione, i sindacati, i partiti, le imprese, le lobby, le amministrazioni locali, nonché vari brasseur per conto di governi stranieri): tutti, tranne uno. Il grande assente si chiama mercato. Per chi se lo fosse dimenticato, il mercato è quell’idolo a cui Berlusconi e i suoi soci volevano fare sacrifici umani, con il ciglio umido di commozione mentre citavano Reagan e la Thatcher. Adesso, tutti zitti, la voce si alza soltanto per proteggere un presunto interesse nazionale, e poi un interesse locale, giù giù fin dove è possibile. Come ha spiegato sulla "Stampa" Giuseppe Berta, anziché scindere le sorti di Malpensa da quelle dell’Alitalia e di allestire le condizioni per radicarvi un grande operatore straniero, vale a dire, anziché puntare razionalmente su prospettive di mercato, «si è scelta la via italiana di cementare una combinazione di interessi sostanzialmente collusiva». Il risultato? Un capolavoro a rovescio, a suo modo magistrale, con un accordo societario, quello con Air France, che viene messo in discussione dai feudatari a pochi giorni dalla conclusione, mentre su tutto si stende l’ala intrusiva della politica: alcune modeste analisi empiriche su base europea mostrano che anche grazie al disprezzo per la concorrenza, e grazie ai salvataggi e ai favori, le tariffe interne italiane sono alte più o meno il doppio di quelle degli altri paesi dell’Ue (si dice tariffa perché si tratta in effetti di un prezzo imposto). La vicenda Cai-Alitalia appare soltanto uno degli aspetti critici di un governo che è molto al di sotto degli standard necessari per progettare un’Italia in grado di resistere alla crisi e ripartire. Lo stile governativo mette insieme il caos tecnologico e paternalista della social card, con gli anziani che fanno la fila alle Poste per ritrovarsi la card scarica, la navigazione a vista sul fronte della recessione, il peggioramento dei conti pubblici, il livello penoso sul piano internazionale, dimostrato con i balbettii durante la crisi di Gaza. Il consenso rimane altissimo, naturalmente, «bulgaro» e «imbarazzante» secondo il capo del governo, e quindi, si deduce, meritevole di una unzione presidenzialista. Forse tutto questo vuol dire che il paese si sta abituando, o rassegnando, a Berlusconi e al Pdl. Si capisce che questa è una conclusione disarmante. Induce a lasciar cadere le braccia, come Morando, e ad alzare sconsolatamente gli occhi al cielo: magari capiterà, uno di questi giorni, di vedere, nel sole ("soleil" in francese) o comunque nel cielo ("Himmel", in tedesco), un aeroplanino con una struggente bandierina tricolore.

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