Per capire che cos’è il berlusconiano Pdl bisogna guardare al formidabile pasticcio combinato a Roma con la mancata presentazione delle liste. Ma anche la campagna elettorale di Renata Polverini non sembra proprio decollata. La sindacalista dell’Ugl è una creatura di Gianfranco Fini, e sembra più che altro un cuneo infilato dentro il Popolo della libertà per recare fastidio intellettuale ai berluscones. Tutto questo comunque non basta a dare una vera spinta alla candidata di centrosinistra Emma Bonino, che presenta seri problemi e seri problemi potrà avere con il suo elettorato di riferimento. La Bonino è un politico abituato, salvo casi eccezionali, a cifre percentuali fra l’1 e il 2,5 per cento. È una radicale purissima, oro colato, e lo si è visto nel metodo con cui ha aperto la sua campagna pubblica, inaugurando uno sciopero della fame e della sete praticamente inspiegabile ma di pretto stampo radicale: senza aggiungere poi che sullo sfondo politico romano gli elettori del Pd vedevano profilarsi la figura ormai nosferatiana di Marco Pannella, padre padrone dei radicali e sostanziale spauracchio per l’elettorato moderato, che in parte ne apprezzerà teoricamente le battaglie legalitarie molto più di quanto sarà disposto a votare per una coalizione segnata da ombre radicali. Figurarsi poi, come si è accennato, all’impatto con la Roma più scettica, con il ventre tiepido dell’elettorato tiberino. La Bonino rischia di apparire come una fanatica, una signora un po’ fissata con battaglie d’altri tempi, anche se qualcuno forse ricorderà benevolmente le sue buone prove in Europa come commissario. Ma è sufficiente l’allure europea di Emma per darle competitività a Roma? Il fatto è che per riuscire ad avere qualche chance contro la Polverini, che unisce fighettismo di borgata e coattismo di città, la Bonino dovrebbe abbandonare per qualche settimana le modalità tipicamente radicali del fare politica. Uscire cioè dalla sindrome minoritaria e diventare effettivamente il candidato di tutto il centrosinistra. Si tratta di un’impresa non facile, data anche la struttura della cultura politica dei radicali, che quasi sempre appare inscalfibile. Tuttavia occorre che la Bonino capisca che deve conquistare voti "generici", non soltanto di tendenza. E quindi presentarsi davvero come il candidato di tutti. Oltretutto Roma è una città difficile, anche senza dire una sola parola sul caso Marrazzo, e quindi la "reconquista" si presenta estremamente difficile: un governatore super laico, forse addirittura anticlericale, nella capitale del cattolicesimo, nella città del papa! C’è da immaginare tutta l’ostilità del "partito romano", cioè della vecchia Roma cinica e baciapile. Non è, questo, un elemento da trascurare. La politica romana è molle e rocciosa, come la vecchia Dc, apparentemente malleabile ma alla lunga resistentissima. Come si fa allora a scalfire il successo mondano della Polverini e del centrodestra (ammesso che un centrodestra ci sia a Roma)? L’impresa è tutt’altro che facile. In pochi mesi la Polverini ha guadagnato una sua credibilità, quasi tutta basata su fattori extrapolitici: la scollatura, un filo di distanza esibita dalla politica ufficiale, la capacità dialettica di rovesciare la frittata, la partecipazione ai talk show, dove serve soprattutto presenza scenica. Per la Bonino la strada è in salita perché come figura pubblica è più "vecchia", e rappresenta una politica già vista, molto stagionata. Tuttavia ha qualche possibilità di presentarsi con un’immagine di freschezza, perché non è logorata dalla permanenza nella politica. Eventualmente sono logori i suoi metodi, ma forse non la sua figura. Pier Luigi Bersani sa benissimo che la conquista del Lazio è una delle condizioni strategiche per definire il successo della sua segreteria al Pd. Quindi anche la scelta della Bonino è stata una decisione in parte politica e in parte mediatica. C’è da augurarsi insomma che la Bonino sappia mobilitare gli elettori laici senza scoraggiare gli elettori cattolici. Deve avvenire una specie di miracolo politico, a questo scopo. D’altra parte il centrosinistra, se vuole proporsi davvero come alternativa politica a Berlusconi, deve coagulare un elettorato molto diversificato. L’esperimento Bonino dovrebbe essere la prova di come si possono mettere insieme strati diversi di cittadinanza e di cultura. È un salto mortale triplo, avvitato e carpiato. Molto dipende da come si comporterà Emma. Ma, come si dice, chi non risica non rosica.
11/03/2010
PORTE GIREVOLI