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Silvio e Walter in salsa yankee

16/11/2000

Se vince Gore…, sospirava Walter Veltroni a chi gli chiedeva impressioni sulle possibilità di rimonta di Francesco Rutelli, candidato appena inventato. Inutile chiedergli che cosa c’entrasse con le faccende italiane la vittoria del gelido Al. Nella visione del segretario Ds, un successo democratico sarebbe stato la prova della continuità del ciclo clintoniano. Una ventata globale che avrebbe rafforzato implicitamente tutte le esperienze della sinistra "new": la "neue Mitte" di Gerhard Schröder, il blairismo postlaburista, e anche le declinanti fortune del nostro Ulivo. Può indurre al sospetto l’idea che le fortune dell’Ulivo dipendano dall’unzione del clintonismo: e il sospetto più disarmante è che il centro-sinistra non riesca a trovare altra identità se non situandosi in una corrente politica mondiale, sotto la bandiera di un progressismo generico ma universale. Vale a dire: in Italia l’alleanza ulivista non ha ancora espresso un suo programma, e nel frattempo si dilania fra Francesco Rutelli e Sergio Cofferati, mette insieme spezzoni artificiali di sistema politico, sembra seriamente intenzionata a giocarsi l’eredità del 1996: ma si sente comunque in franchising dentro una corrente ideale planetaria. L’uso italiano delle elezioni americane è ovviamente una forzatura. Tuttavia è risultata ancora una volta sorprendente l’automaticità delle prese di posizione, ricalcate meccanicamente sull’asse destra / sinistra. Mai che un polista si sia sbilanciato in un giudizio a favore di Bill Clinton e quindi della continuità modernista dei democratici. L’equazione fra Al Gore e Francesco Rutelli è ancora largamente imperfetta, ma a destra l’identificazione di George Bush jr. con Silvio Berlusconi è attraente fino a diventare irresistibile per la Casa della libertà. Il populismo benevolo, il "compassionate conservatism", la propensione antitasse, le venature anticentraliste sovrappongono infatti il Texas a Roma. Soprattutto l’ultimo Berlusconi, singolare miscela di liberismo e di economia sociale di mercato, di conservazione e di cambiamento, sembrerebbe un bushista perfetto. Nella speranza di trasformare il risultato americano, cioè il frenetico fotofinish, in un Forza Bush all’italiana, possibilmente in un plebiscito.

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