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Il mal minore democristiano

13/12/2001

Il venticello della rifondazione democristiana è forse la dimostrazione più puntuale, benché involontaria, che per la componente moderata del centrodestra il formato attuale della Casa delle Libertà non è così soddisfacente né così definitivo. Dopo le elezioni in Molise e in Sicilia la nostalgia scudocrociata si è sublimata in euforia: benché si possa escludere che i risultati nelle due regioni siano proiettabili aritmeticamente su scala nazionale, i cantieri sono stati immediatamente riaperti, con la partecipazione di vecchi capimastri come Paolo Cirino Pomicino e Calogero Mannino, a cui si è aggiunto Sergio D’Antoni, mentre Rocco Buttiglione squaderna ogni giorno i suoi progetti di rifacimento, e con regolarità si ventila il ritorno dell’eterno inquilino Clemente Mastella. Il piano di ricostruzione della Balena sembrerebbe una di quelle operazioni venate di velleitarismo, in grado di mettere insieme spezzoni di sottobosco politico piuttosto che di attrarre quote significative di elettorato. Tuttavia aleggia sulla politica, richiama discussioni, sollecita care memorie: e quindi assume valore di indizio. Si parla tanto di nuova Dc proprio perché all’interno del centrodestra, malgrado i numeri inattaccabili e un consenso per il governo ancora non scalfito, la situazione non è così limpida come si penserebbe. Nulla di serio, ovviamente. Ma innanzitutto continua a incombere il dilemma di Alleanza nazionale, che in Sicilia ha registrato una nuova battuta d’arresto, e che appare un partito dissociato fra il successo personale di Gianfranco Fini e uno sfondamento elettorale sempre rinviato: nonostante l’indubbia spregiudicatezza nell’occupazione del potere (testimoniata dal vitalismo dei suoi colonnelli Gasparri, Alemanno e Storace), An potrebbe rivelarsi inadatta a sganciarsi dal gregariato. In secondo luogo, certi malesseri della Casa delle Libertà vengono esposti dai contorcimenti di Umberto Bossi, obbligato a sottrarsi dalle spire del moderatismo centrista ma soffocato nelle iniziative e per ora impossibilitato a ridare fiato ai progetti leghisti. L’ipotesi di rilancio democristiano segnala infine anche le incertezze di identità di Forza Italia, che una parte della classe politica della Prima Repubblica aveva accettato come zattera nel fortunale: mentre oggi, davanti al richiamo della foresta dc, Berlusconi e il suo partito si configurano di nuovo come un accidente della storia, non più come i salvatori dei naufraghi. In sostanza, la riemersione democristiana è un indice di malesseri intestini nell’alleanza di centrodestra: ed è per questo che ex dc non nostalgici, e sicuramente ispirati a un chiaro disegno bipolare, come il leader del Ccd Marco Follini, hanno sempre dimostrato freddezza per i progetti di restaurazione del partito cattolico. Si tratta di malesseri lievi, indisposizioni di stagione, un mal d’ossa. Eppure la scarsa ostilità e anzi una diffusa non-antipatia che si coglie per i sogni dei "revenant" democristiani sono a loro modo rivelatrici: come se il passato dc e l’eventuale reincarnazione apparissero oggi un male minore rispetto alle squillanti innovazioni del berlusconismo.

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