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L’impresario della mano dura

16/08/2001

Minaccioso verso l’opposizione, spregiudicato nel ribaltare le accuse sugli avversari politici, sarcastico verso la minoranza esattamente come era sarcastico verso i "politicanti" del vecchio centrosinistra il suo maestro Almirante, in pochi giorni Gianfranco Fini si è impossessato del ruolo di leader ideologico del centrodestra. Mentre il cav. Berlusconi si occupa delle faccende pratiche, fa il "principale" vecchio stampo, sciorina il suo lessico con ironie da amministratore dell’aziendina (la Fao? «Abbiamo già dato»), il suo vicepremier fa politica. La fa in grande. In piena autonomia. Con l’obiettivo di conquistare quel ruolo centrale sulla scena italiana che a suo tempo renderà automatica la successione all’Uomo di Arcore. Intanto si propone come l’interprete del blocco "law & order", facendo circolare in Parlamento voci sulla contiguità della sinistra con i violenti. Nessuno è ancora riuscito a capire che cosa ci facesse a Genova, nella centrale operativa di Forte San Giuliano: offriva il sostegno della destra alle forze dell’ordine, faceva la "ola" per la polizia (come ha detto Giuliano Ferrara), lasciava intendere una copertura per comportamenti sbrigativi? Di sicuro in questo momento Gianfranco Fini rappresenta l’unica destra autentica che agisce nel sistema politico italiano: solo che non possedendo una cultura di destra moderna (i riferimenti culturali della famosa svolta di Fiuggi erano e continuano a essere una pagliacciata), ed essendo il portatore di una tradizione lontana anni luce dal radicalismo neoconservatore reaganiano e thatcheriano, il presidente di An ha una sola carta da giocare, mentre Berlusconi provvede alla ristrutturazione del condominio. Offrirsi come il garante dell’Italia visceralmente di destra: un garante politico, programmatico, ideologico. Nella mente di Fini, infatti, Berlusconi è ancora un fenomeno transitorio, politicamente indefinito, il capo di un’Italia anonima, atomizzata, impolitica. Alleanza nazionale invece rappresenta un’avanguardia, o una retroguardia, in grado di valorizzare politicamente tutte le pulsioni ancora largamente inespresse della borghesia italiana: la voglia di una gestione severa dell’immigrazione, il desiderio di mano dura per avere sicurezza di strada e di casa, cioè tutto il repertorio convenzionale delle destre in situazioni di complessità sociale. Sotto questo profilo, mentre Berlusconi ha bisogno soprattutto di pace sociale, a Fini il conflitto e le piazze in rivolta potrebbero non dispiacere affatto, perché se c’è un imprenditore politico della sicurezza e della mano dura è lui. Il suo calcolo può essere strategicamente azzeccato, ma la scommessa è sull’Italia più spaventata e chiusa. Forza Italia era anche un annuncio di modernizzazione; An è un programma di gestione conservatrice, visibilmente non aliena dal ricorso alle maniere forti. Un ritorno al passato, in certo modo rassicurante per una borghesia mutriosa e ostile alle novità, ma al di sotto di ogni sospetto per tutti quei ceti, a destra come a sinistra, che puntavano su un’Italia moderna, liberale e aperta.

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