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I dolori del giovane Max

28/06/2001

Cantanti si diventa, filosofi pure. Per cominciare a fare musica, dieci anni fa, era bastata una tastiera Roland, oltre a un vocione tosto. Quanto alla filosofia, dopo la saga feticistica dei body a balconcino e quella romantico-compagnona della Dura Legge del Gol, è una faccenda tutta molto esistenziale, situata fra l’impossibilità di giocherellare ancora con l’oggettistica giovane e la necessità di diventare adulti. Adesso che Max Pezzali spedisce nei negozi un nuovo disco siglato "883" ("Uno in più") predestinato a replicare il successo di "Grazie mille", 550 mila copie, viene l’idea che il ragazzo di Pavia, sul margine dei 34 anni, stia davvero provando a fare i conti con il mondo, e magari ne cavi fuori una Weltanschauung. Retrospettiva, crepuscolare, sentimentale. E per farsi perdonare l’intimismo, ci ha messo arrangiamenti hard, duri e scuri, a cui ha lavorato Carlo Rossi, il produttore dei durissimi 99 Posse: «Perché continuavano a dire che gli 883 sono provinciali, e allora abbiamo provato a fare suonare internazionale la musica della provincia». Dunque cose metalliche e violoncelli orchestrati sul dark. Il pegno al mercato è costituito dalle partecipazioni di Jovanotti, Syria, il rapper J. Ax degli Articolo 31, la chitarra virtuosa di Alex Britti, e da quello che sarà l’inno nazionale delle spiagge, "La lunga estate caldissima". Ma per il resto l’album è un’essenza di pensiero sulla disillusione: il ricordo degli anni vuoti e inutili (gli Ottanta), compleanni sempre più faticosi, storie amorose ogni volta più chissenefrega. Dice Pezzali: «Racconto le stagioni buttate via. Quando si studiava francese e ci siamo trovati nell’epoca dell’inglese. Siamo come i tedeschi dell’Est: si aspettavano chissà che dalla caduta del Muro, e invece, boh: la perdita c’è stata, ma il guadagno quando arriva? Logiche, le delusioni». La filosofia tedesca ha un suo rilievo perché gli 883 sono reduci da un tour in Germania con Eros Ramazzotti. Si ritorna in patria e ci si sente precari: «Si diventa adulti e allora si guarda indietro: il passato è inutilizzabile, il futuro imprendibile, e il presente un’incognita. Credevamo di poter vivere per sempre con la gran macchina, Internet e il dvd, e invece ci troviamo a sopportare sempre più a fatica l’ideologia della vita da single, con la noia degli appuntamenti nei sushi bar». Già, ma la critica non troppo filosofica pensa che Max Pezzali sia il ragazzo omologato, quello che l’unica cosa anticonformista che aveva erano gli incisivi (ora sottoposti a restyling), mentre il trend soffia altrove, nei centri sociali, nella musica della contestazione, fra i Csi e i Marlene Kuntz. Risposta non si sa se fra Rutelli o Cacciari: «Meno male che ci sono i centri sociali, a tenere su l’attenzione». Quindi, forse per l’ultima volta, prova l’estremo richiamo generazionale, con il rock di "Noi", coro tribale con confessione sull’Existenz: «Le responsabilità / che hanno un peso / sempre po’ troppo grande per uno / già grande». Capace che uno così, nel prossimo disco, la butta sul sociale.

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