Mentre si avvicinano i momenti decisivi del confronto elettorale, affiora un elemento anomalo. Un dato in ombra che stride con le sicurezze del centro-destra. Un tarlo, una pulce, un ronzio, forse un dubbio. Secondo i sondaggi, la vittoria della Casa delle libertà è certa: ma solo sulla base degli intervistati che si pronunciano. In mesi di campagna la macchina pubblicitaria del centro-destra è sicuramente riuscita a costituire un blocco maggioritario di consensi: tuttavia non estende la propria attrazione all’area dell’incertezza. Tutti gli sforzi propagandistici rafforzano la convinzione dei già convinti, ma non allargano il totale delle preferenze. Lo zoccolo degli indecisi è intatto. Un terzo dell’elettorato risulta ancora impermeabile al messaggio berlusconiano. Nello stesso tempo, tutti gli istituti demoscopici sottolineano che la tendenza consolidata delle ultime tornate elettorali vede gli elettori sciogliere l’indecisione solo negli ultimi dieci-quindici giorni prima delle elezioni. Quindi almeno dal punto di vista aritmetico le profezie sono premature. È vero che in condizioni politiche normali l’area degli indecisi dovrebbe dividersi in modo proporzionale fra gli schieramenti. Ma le condizioni non sono proprio normali. Il 13 maggio ha assunto l’aspetto di una battaglia d’epoca, e la Casa delle libertà esprime di continuo una intenzione revanscista che può entusiasmare la voglia di potere del popolo di destra, ma non rassicura l’elettorato moderato ancora in dubbio. Oltretutto, ancora una volta la Casa delle libertà si presenta all’appuntamento elettorale come una struttura perfetta per la conquista del potere, ma come un’incognita quanto a capacità e possibilità di governo. L’immagine di Berlusconi copre le contraddizioni dell’alleanza, ma non è affatto chiaro fino a che punto il programma berlusconiano per il centro-destra può fare da sintesi in modo durevole. Come si è visto a Parma, l’avanguardia costituita dai piccoli imprenditori si identifica a pelle con il leader di Forza Italia, ma l’establishment è più attendista: dietro la personalità del Cavaliere sono visibili le persistenze nazionalpopuliste di An, come pure l’ideologia caotica di Bossi. Il rischio di sposare il presidente imprenditore e di trovarsi un paio di cognati che fanno da zavorra induce a prudenza. In conclusione: le élite non controllano voti, ma condizionano il tono generale. I moderati sono infastiditi dai fuori registro. Gli incerti continuano a rimanere incerti. A sinistra, si spera che dentro i sondaggi ci sia nascosto il profilo di un centrodestra in stallo.
05/04/2001