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Così Bossi diventa un’inutile appendice

01/02/2001

La trattativa sui collegi? Una sceneggiata. Tutto prevedibile: le manfrine sui seggi, le ipotesi sui ministeri in contropartita, la complicata ricucitura con Albertini data in garanzia, l’accantonamento degli entristi socialisti come atto di buonsenso. Fini e Casini giurano continuamente che le differenze fra Polo e Lega si annullano metafisicamente nel programma politico già sottoscritto. L’accordo fra Berlusconi e Bossi è blindato, e Formigoni ripete che «Forza Italia e Lega sono molto simili»: cioè troppo simili per andare allo scontro, oggi e domani. Fin qui siamo alle ovvietà e agli esorcismi. Perché non serve a niente ripetere che l’elettorato di Berlusconi e Bossi è identico: si tratta piuttosto di vedere se i due elettorati sono talmente identici da rendere inutile la presenza del Carroccio. I sondaggi accarezzati dal Cavaliere mostrerebbero che, anche senza il trust con la Lega, il Polo nelle regioni settentrionali perderebbe alla Camera non più di una decina di seggi. Va da sé che rischiare è inutile, e dunque il patto elettorale ha una sua funzione. Ciò non toglie tuttavia che in prospettiva il tema politico strisciante di Forza Italia sarà: come liberarsi del fastidio leghista. Fatti tutti i conti, esistono due metodi. Il primo è silenzioso, di-screto, avvolgente. Una morte dolce. Cinque anni di governo del Polo, tutti concentrati sulla figura di Berlusconi, l’impresario d’Italia, l’uomo delle grandi opere, l’operaio supremo, potrebbero condurre allo stadio terminale anche alleati più in salute della Lega. Con il probabile effetto booming del meno tasse per tutti, ci vorrà poi poco a convincere gli elettori del Nord che la Lega è un’appendice inutile. Il secondo metodo invece è traumatico. Verrà buono se Bossi si accorgerà alla svelta che l’Italia stregata da Berlusconi tenderà a guardare la Lega come una carovana mediocre, anzi, ancora peggio, superflua. In situazioni analoghe, Bossi si è divincolato dalla stretta e ha fatto saltare il banco. Questa volta invece, malgrado tutte le assicurazioni in contrario, il banco potrebbe farlo saltare Berlusconi. Se alle elezioni si avrà la vittoria, anzi lo sfondamento, della Casa delle libertà, non ci sono vincoli di lealtà che tengano: numeri permettendo, anziché aspettare che Bossi scompigli l’interno di famiglia potrebbe convenire dargli lo sfratto preventivo. È naturale che per arrivare a questa conclusione occorrerà l’impegno del centrosinistra, con una campagna rinunciataria in cui i suoi «mezzi leader in declino e aspiranti leader in affanno» (Gian Enrico Rusconi) contribuiscano alla disfatta. Con una conseguenza anomala: perché una Lega emarginata anche dal Polo, consegnata all’estremo margine destro dello schieramento politico, non sarebbe recuperabile al gioco delle alleanze. Diverrebbe una roccaforte di estremismi, simmetrica a Rifondazione comunista: la garanzia involontaria dell’inamovibilità del Cavaliere.

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