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Aspettando Romano

27/06/2002

Il gioco di formalismi che è una caratteristica classica della politica italiana stende un velo di leggere ipocrisie sulla candidatura di Romano Prodi alla guida dello schieramento di centrosinistra. La dissimulazione è legittima, eppure nulla è così sicuro come l’appello finale che gli rivolgeranno i partiti, per smuoverne eventuali dubbi e incertezze. Perché questa sicurezza? Ma perché non c’è nessuna alternativa. L’ingresso in politica di Sergio Cofferati, infatti, equivarrebbe a dare una coloritura "socialista" alla coalizione, irresistibilmente rétro sul piano delle suggestioni quanto politicamente non competitiva. Francesco Rutelli è stato un efficace "campaign manager" alle elezioni del 13 maggio 2001, ma ha visto sgretolarsi la sua leadership nell’anno successivo, riducendosi di fatto al ruolo di portavoce della Margherita. Altre ipotesi non esistono. Perfino il "Realpolitiker" per eccellenza, Massimo D’Alema, ha confessato che l’Ulivo attende Prodi. La cerchia dei fedelissimi diffonde perplessità sofisticate, chiedendosi se l’esperienza alla guida della Commissione europea non possa logorare il prestigio del Professore. Ma si tratta più che altro di amichevoli fumisterie: da un lato, le campagne di stampa contro Prodi, soprattutto in Gran Bretagna e in Germania, hanno sempre avuto un carattere strumentale, legato a dinamiche politiche interne; dall’altro, si può prevedere che la presidenza Prodi sarà tutta legata all’attuazione dell’allargamento. Lo ha detto esplicitamente a questo giornale qualche mese fa: «L’allargamento non ritarderà di un solo giorno… Non c’è nessun elemento per metterlo in discussione. Ci gioco il mio mandato, la mia posizione, la mia faccia. Ma soprattutto ci si gioca una prospettiva storica». Il calcolo di Prodi è trasparente: l’allargamento dell’Unione rappresenterà un Big Bang simile all’adozione dell’euro, e segnerà storicamente il suo mandato. L’intendenza seguirà. Tutto il resto è gossip delle burocrazie di Bruxelles, piccolo cabotaggio di potere, attrito politico e diplomatico inevitabile ma irrilevante. Quindi il suo ritorno in Italia sarà il ritorno di un uomo che è stato nella sala di comando durante il varo della moneta unica e al momento del pieno reintegro dei paesi centro-orientali nei confini dell’Europa. Fanno benissimo i suoi seguaci a troncare e sopire. Tuttavia, anche un semplice calcolo di opportunità porta a una conclusione obbligata: c’è qualcun altro che può ragionevolmente battere Berlusconi? Se c’è, si faccia avanti. Se non c’è, a questo punto vale per il candidato Prodi il motto che i tedeschi occidentali citavano sempre quando si sfiorava il tema della riunificazione delle due Germanie: "Pensarci sempre, non parlarne mai" (poi la Germania si è riunificata, quasi per inerzia geopolitica, per necessità storica, senza opposizioni, senza resistenze. Ecco, accadrà così anche a Prodi: lo chiameranno, perché non c’è altra soluzione. E tutto dipenderà solo dalla sua risposta).

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