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Terzista del piccolo schermo

04/12/2003

A chi piace distorcere i cognomi viene facile trasformare il piccolo Bonolis nel grande Banalis. Ma non è così semplice iscrivere il protagonista di "Affari tuoi" e "Domenica In" nella categoria televisiva dell’ovvio. Chi vede i suoi programmi si accorge che questi esistono e prosperano soltanto e semplicemente perché c’è lui. Lui, adrenalinico, elettrizzato, vociante. Lui il partner pubblicitario di Luca Laurenti, che smitizza il paradiso molto meglio di qualsiasi barzelletta con protagonisti Berlusconi e san Pietro, grazie all’esorcismo della tazzina fumante. Lui che esprime tutta la sua statura e natura nazionalpopolare senza però riuscire a nascondere del tutto certe caratteristiche eccentriche che si intuiscono per via indiziaria, dopo visioni ripetute: un lessico decisamente più ampio rispetto ai cloni di Pippo Baudo che appaiono sugli schermi della Rai; e un eloquio che pompa energia nella voce ma rifugge generalmente, con qualche passo di dribbling e qualche ammiccamento, dalle volgarità romanesche più esplicite. Se Baudo era (e per alcuni versi è ancora) l’identità democristiana trapiantata in tv, mentre Mike Bongiorno si è via via spostato su una senescente immagine forzista, Bonolis sembra il perfetto creatore di una televisione terzista: capace di padroneggiare con prontezza l’incidente comunicativo che sistema Berlusconi al vertice della classifica dell’insopportabilità, così come di fare inopinatamente concorrenza ad Antonio Ricci e a Mediaset. È la nuova immagine dell’Italia che crede di essere moderata, e magari lo è, trovando una media accettabile fra una serie di eccessi: e trasmettendo l’idea che per essere il mattatore è sufficiente esaltare l’uomo qualunque che è in noi.

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