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Silenzio nessun straparli

17/07/2003

L’ordine di scuderia non si discute: sobrietà, labbra tirate nel silenzio. Non ci dev’essere nessun incidente fra la Commissione e la presidenza italiana del semestre. Da Romano Prodi in giù, a Bruxelles e nel Parlamento italiano, tutto il circuito prodiano è blindato. Ogni parola in più rischia di essere una mina, perché "Romano" non è solo il vertice della Commissione, ma è anche il candidato potenziale dell’Ulivo, l’unico uomo politico che Silvio Berlusconi confessa di temere alle elezioni del 2006. Quindi la parola d’ordine è: sterilizzare, minimizzare, troncare, sopire. Mordersi la lingua e alzare gli occhi al cielo. Salvo poi sospirare. Allorché a Strasburgo la situazione precipita con il "discorso del kapò" contro il socialdemocratico Martin Schulz, l’effetto è sconsolante. «L’avete visto tutti»: Prodi è allibito, Prodi è sconcertato. Altro che riscossa italica contro l’arroganza tedesca, come scrivono i giornali allineati: «Bastava osservare il tremendo imbarazzo di Gianfranco Fini», che ha visto andare in fumo il credito guadagnato nel lavoro della Convenzione. Sospiri, mormorii esalati a mezza voce dai fedelissimi. «A Bruxelles tutti hanno capito che il semestre è finito prima di cominciare». Fra l’altro in Italia si è avuta l’impressione, grazie alla compiacenza dei media, che l’exploit del Cavaliere fosse una reazione a caldo all’attacco di Schulz. Perfettamente sbagliata ma comprensibile. In realtà, sottolinea ancora incredulo chi era presente nell’emiciclo di Strasburgo, Berlusconi ha avuto due ore di tempo e ha ascoltato numerosi noiosissimi interventi prima di prendere la parola e di uscirsene nell’infausta storiella del film sui lager. Risultato? Pieno discredito per lo stile italiano. L’amicizia esibita dal premier con i leader confonde la goliardia con i rapporti istituzionali. «Ma ti pare possibile, "quello là" ha raccontato di nuovo la barzelletta del malato di Aids». Ha giustificato il suo facinoroso intervento a Strasburgo dicendo addirittura che in Italia si scherza da decenni sull’Olocausto. «Non male, come Weltanschauung». E come comprensione dello spirito tedesco: «Oltretutto, negli ultimi mesi, se c’era un partner che ci aveva dato una mano era proprio la Germania». Ma ammesso che il semestre sia fallito all’esordio, che farà in questi mesi Berlusconi? Poco, dice il coro prodiano. La presidenza greca aveva già tolto di mezzo due dossier importanti, quelli sulla politica agricola e il cosiddetto "pacchetto finanziario". Adesso i leader come Chirac e Schröder si impegneranno silenziosamente per far diventare quello di Berlusconi un semestre interlocutorio. Magari – à la guerre comme à la guerre – fino a rimangiarsi l’idea della scelta di Roma come sede per la firma del nuovo trattato. Molto dipende anche da come "quello là" gestirà la bozza della Costituzione europea nella conferenza intergovernativa. La Commissione punta a estendere la sfera del voto a maggioranza: come giocherà il Cavaliere? Si schiererà sulla linea minimalista inglese e sul filoamericanismo spagnolo? «Ma anche Aznar lo ha mollato». E l’Europa della destra classica prende le distanze: «Chirac ha detto con chiarezza a Berlusconi che rispetta chi era contro la guerra per ragioni etiche e politiche, così come chi era per l’intervento in Iraq per convinzioni morali e strategiche, ma che non rispetta chi ha scelto l’America per un calcolo di convenienza». Soprattutto, occorrerà osservare come Berlusconi si muoverà fra le coalizioni di interessi consolidate in Europa. Prodi lo ha invitato alla generosità politica, citando non proprio per caso Mitterrand e Kohl, che sull’Unione hanno messo in gioco la loro carriera politica. Obiezione: è il vecchio asse franco-tedesco. Risposta: Berlusconi faccia capire su quale schema agisce. Perché Schröder ha chiuso l’incidente italo-tedesco, e non l’ha riaperto dopo che le scuse erano diventate unilateralmente un «rincrescimento»; forse Romano «si augurava che il Cancelliere riaprisse il caso», perché per Prodi quella della Costituzione è una partita risolutiva per il futuro europeo, sicché ogni mezzo è buono per spostare equilibri verso un assetto federale e neutralizzare gli euroscettici. Fatto sta che per il momento Berlusconi continua a recitare a soggetto. Sull’allargamento insiste con le trovate sull’ingresso di Russia e Israele, al di fuori di qualsiasi procedura istituzionale. Il modello di Prodi rispetto ai paesi esterni all’Unione è sintetizzato dall’espressione "everything but the institutions", mettere in comune tutto, a partire dal mercato, fuorché le istituzioni. Il premier, invece, salta a piè pari queste sottigliezze: anche sul Piano per il Mediterraneo, che comprende l’istituzione della Banca mediterranea (un possibile motore dello sviluppo di un’area cruciale, con ovvie ricadute sul Medio Oriente), manifesta il disinteresse di chi si sente il portatore del verbo di George Bush. In sostanza, quale sarà il modello di Berlusconi? «Uno spot permanente». Chi ha potuto sbirciare nella cartellina dell’ambasciatore all’Ue Umberto Vattani giura di avere visto un titolo: "Eventi". Ecco, i prodiani sono convinti che l’interpretazione berlusconiana del semestre avverrà tutta in chiave estemporanea e spettacolare. Un semestre di coreografie sul teatro europeo. Con il commissario Prodi che dovrà interpretare la parte ingrata dell’uomo in grigio, di fronte al varietà di un Berlusconi convinto di poter ridimensionare la Commissione a ufficio di segreteria. E con il Cavaliere che si muove a tenaglia: mentre cercherà di prendere la scena in Europa, fra i confini domestici proverà a disintegrare il centrosinistra con la proporzionale. Anche se è fatta di sussurri, la guerra continua.

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