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Torna la politica e crolla la Casa

29/07/2004

Tremonti è stato defenestrato, Bossi se n’è andato, per Tabacci la verifica resta aperta, per Bondi e Schifani non è successo niente, anche se intorno a loro tutto crolla: la demolizione della Casa delle libertà ha assunto un andamento che sarebbe grottesco se non rischiasse di essere tragico per tutti i cittadini italiani. In realtà il libro di storia che viene scritto giorno per giorno in questo luglio fatale è un Bignami che era già contenuto integralmente nel programma del centro-destra. Non era necessario studiare troppo per sapere, già nelle giornate radiose del 2001, in quelle elezioni che diedero alla Cdl una maggioranza apparentemente inscalfibile, che l’alleanza capeggiata da Silvio Berlusconi era un ibrido instabile, una destra chimera, una coalizione meticcia. Si sapeva che il centro-destra era costituito da destre incompatibili. Era prevedibile che alla lunga partiti "nazionali" come An e l’Udc non potessero trovare compromessi con la Lega e con quella parte di Forza Italia che è una Lega da salotti. Ciò che forse non si poteva prevedere è la commedia pazzesca che è cominciata con l’espulsione di Tremonti dal governo, e che è continuata con le consultazioni di Berlusconi, accompagnato dal suo ex superministro, con Bossi nell’ospedale di Lugano. Viene da chiedersi che cosa abbia fatto implodere la Casa delle libertà, dopo tre anni di governo, e la risposta non è affatto semplice. È vero che le elezioni europee dovevano essere un sismografo, e invece si sono rivelate un terremoto. È vero che dopo tre anni al potere, trascorsi per risolvere affannosamente i problemi di Berlusconi, sono venuti fuori in modo conflittuale i problemi del governare, le questioni di merito, le pensioni, la devolution, il taglio delle tasse. Ma poiché non si riesce a individuare un punto, un tema, un argomento che possa avere provocato lo scontro in atto, l’unica spiegazione sembra essere rappresentata dalla rivincita della politica. Esaurito il matrimonio di convenienza resosi necessario per vincere le elezioni, sprecati tre anni di attività governativa, dentro l’alleanza di Berlusconi tutti hanno cominciato a guardarsi, ognuno pensando al proprio elettorato. La riforma delle pensioni non va bene a nessuno, il taglio dei trasferimenti pubblici penalizza An e Udc che hanno bene in mente il loro insediamento elettorale, la riforma fiscale implica una visione degli equilibri sociali che mette in tensione le "due destre". Detto in modo decente, si è rivelata vera la profezia secondo cui culture politiche opposte non possono stare insieme. In modo un po’ più meschino, si è capito che l’incompatibilità fra i soci del centro-destra è venuta fuori tutta non appena le ambizioni di potere hanno cominciato a trovare campo libero. Gianfranco Fini e i suoi colonnelli evocano continuamente il mantra della "collegialità", il che significa che vogliono partecipare alle decisioni economiche in funzione del loro elettorato. Marco Follini e l’Udc hanno dovuto subire la pochade di ministri già vestiti per il giuramento e costretti a togliersi precipitosamente l’abito. La Lega recita il tormentone del federalismo, già sapendo però che l’atout della devolution può, e forse deve, essere tenuto in serbo per una trattativa politica successiva. Quelli di Forza Italia si guardano intorno con lo stupore di chi non è riuscito a coagulare intorno a sé settori importanti dell’establishment. Un governo che non sa farsi affiancare da una classe dirigente potrà invocare il "mandato" degli elettori e chiedere di terminare la legislatura. Ma in questo momento la Casa delle libertà è un palazzo con il deserto intorno. Non ha ancora perduto il consenso ideologico, ossia il consenso di chi considera la sinistra e i "comunisti" una tragedia nazionale; ma nell’elettorato d’opinione riesce arduo trovare sostenitori razionali del centro-destra. In queste condizioni, viene naturale compiere gesti scaramantici, affinché il crollo della Casa non trascini con sé il paese. Ma può darsi che Berlusconi tenti imprese caotiche per rimontare la corrente, alcuni exploit all’insegna del tanto peggio tanto meglio. Se è così, c’è solo da sperare nella riacquisita ingovernabilità italiana e che se non adesso, a settembre, con la finanziaria impossibile che arriva, scoppi l’ultima guerra civile nel condominio delle libertà, quella del tutti a casa.

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