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Lotta di classe nel reality show

10/06/2004

La crudeltà etologica si addice al reality show. Soprattutto se nell’etologia c’è riflessa l’antica separazione classista. "Cambio Moglie" (FoxLife, Sky, canale 114), reality "montato" e raccontato da didascalie e voce fuori campo, è la sintesi di un film girato su un format politico classico, scene di lotta di classe nell’hinterland. Trapianto incrociato di madri. Casalinga "underclass" napoletana e immigrata a Milano spedita nel villone, in famiglia esibitiva: capofamiglia baüscia, figlia sul glamour, tre dobermann, alcuni gatti, aperitivi in giardino, feste, benessere. L’altra, vistosona, strappata alla società opulenta ed esiliata in un condominio di sottoproletari moderni, quindi modernamente sradicati. Padre che si alza alle sei per filare al lavoro ma poi passa il pomeriggio alla deriva in Internet, figlia che dorme nel soppalco con il fidanzato-disoccupato-non-organizzato che si alza nel dopopranzo. Evidenza sociologica: i poveri, che sono poveri contemporanei e metropolitani, sigarette e piercing, fanno ribrezzo. Come diceva il realismo tragico di Quino (quello di Mafalda), mangiano cose da poveri, si vestono da poveri, comprano cose da poveri; inutile aiutarli, conviene nasconderli. La poveraccia segregata in villa piange tutte le sere in camera, esclusa dalla felicità narcisistica e soddisfatta dei ricchi, che sono sani, comunicativi, incapaci di capire perché la "donnetta" non si inserisce nel giro. La tardona briosa invece spadroneggia "alla grande", ristruttura i comportamenti di casa dettando sobrietà e risparmio, perché non c’è soddisfazione migliore che insegnare agli sfigati che lo spreco è un peccato mortale. Manda fuori di casa il fidanzato nullafacente, inietta energia nella famiglia, diffonde ondate di ritmo e ottimismo. Manca solo il jingle di Forza Italia nei climax. Quell’altra truccata, ripettinata, rifatta nel look, langue in solitudine, con l’unico esorcismo antagonistico a disposizione: «Nun me ne fotte un cazzo» (però si dispera). Ottimo schema, gli spettatori si dividono in un bipolarismo televisivo. Tutto sa di recitato, ma vabbè. Il punto è che gli italiani sono così. Si guardano nel reality e trovano conferme ai se stessi reali. Di qua il berlusconismo, di là la sfiga. Per forza poi restano separate e in preda all’incomunicabilità anche alle elezioni, queste due Italie.

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