SENTIRSI SOLI CON IL 40%
APPENA NOMINATI I CAPI DEL GOVERNO godono di un largo consenso presso l’opinione pubblica. Poi, scelte difficili e impopolari offuscano la luna di miele. È accaduto a tutti i grandi leader dei paesi democratici. Dopo gli entusiasmi iniziali perdono spinta, anche se poi molti -esempio perfetto Bill Clinton – recuperano a fine mandato. Matteo Renzi è particolarmente attento a non perdere il favore dell’opinione pubblica. A tal fine ha attivato una serie di meccanismi proiettivi di provata efficacia. Il più insistente, in questa fase, è quello del “cavaliere solitario”: Matteo contro tutti. Lui, l’uomo nuovo senza macchia e senza paura che sfida i nemici armato solo della sua purezza (la camicia bianca immacolata) della sua giovinezza (ovvia ma anche esibita a forza di incontri scautistici e giubbotti di pelle, ammiccamenti musicali e vitalismo sportivo) e del suo debordante entusiasmo. Solo io posso farcela è il mantra che ha conquistato le platee più varie, disposte a convenire che, in effetti, solo lui può farcela. E se solo lui può, lui è solo. Tutti gli altri sono potenziali nemici che vanno individuati, stanati, ed abbattuti. Altrimenti seminano il percorso del cavaliere solitario di ogni tipo di ostacolo. La lista dei nomignoli e degli epiteti con i quali il capo del governo e il suo entourage ha etichettato chi non riconosce l’opera salvifica di Matteo è ormai lunga. Ed è anche efficace perché consente di offrire all’opinione pubblica una serie di capri espiatori ai quali attribuire le colpe più varie. Sintomatico che in una recente intervista su “la Repubblica” il premier abbia addirittura richiamato le responsabilità nella crisi di “professori, editorialisti, opinionisti”. Cattivi maestri evidentemente, altro che venerabili come sogghignava Edmondo Berselli. Quindi, ce n’è per tutti, all’occasione. ALCUNI GIUSTIFICANO TUTTO questo perché considerano Renzi un outsider che deve sgomitare per farsi accettare. In realtà il capo del governo è lontano mille miglia dalla figura dell’outsider. Non gli si confaceva nemmeno ai tempi della Leopolda perché dalla sua poltrona di sindaco di Firenze, e prima di presidente della provincia, aveva già intessuto rapporti e relazioni con componenti della classe dirigente che erano quanto meno interessate a quel giovane scalpitante, e di certo brillante. L’outsider ha tutt’altro profilo: non si appoggia ad entrature altolocate bensì viene proiettato sulla scena da una congerie indefinita di uomini della strada. È un “Mr Smith va a Washington”, come recitava il titolo di un celebre film. L’outsider non ha entrature ai piani alti della società; non ha accesso privilegiato ai media; non riceve consensi trasversali dai gruppi di interesse più diversi. In sostanza, non ha le risorse per reggere. L’outsider è per definizione un fenomeno transitorio, e per questo è veramente solo. A Renzi non mancano invece né risorse né relazioni. Tutti gli stanno correndo in soccorso. Evidentemente lo schema di Davide contro un Golia imprecisato e minaccioso, identificato ora nei tecnici ministeriali, ora nell’onnipotente Germania, ora nella Bce, funziona a meraviglia. Tant’è che la capacità di attrazione del capo del governo supera gli steccati e conquista consensi a destra e a sinistra, in alto e in basso, in Italia e all’estero. Nessun altro premier politico era arrivato a tanto. Alcuni sono stari stimati per la loro storia professionale fuori dalla politica (Ciampi, Prodi e Monti), e Berlusconi addirittura idolatrato, benché da una parte sola e ben circoscritta (i teledipendenti, i lavoratori autonomi e la destra in generale). Solo il politico di professione Matteo Renzi ha rotto gli steccati lasciando che tutti venissero a lui. Perché si presentava “vergine ed estraneo” alla vecchia politica e, soprattutto, solo contro tutti. Proprio per questo deve continuare a recitare la parte del cavaliere solitario. Auguri.