FINO all’ altro ieri sembrava che la riforma fiscale fosse ormai all’ ordine del giorno. L’ intervista di Berlusconia Repubblica, con la conferma delle due aliquote su cui ha fissato storicamente la sua politica tributaria (o per meglio dire i suoi annunci), sembrava un autentico programma di governo, oltretutto presentato con una certa tranquillità. Dopo una stagione tutta basata sulla giustizia, e quindi su uno stress continuo delle istituzioni, passare alla politica fiscale costituirebbe in realtà un elemento di pragmatismo. Si può discutere a volontà se di questi tempi sia opportuno un ritorno alla politica "supply syde", con il taglio delle tasse di ascendenza reaganiana. Ma intanto si uscirebbe dalla follia quotidiana delle discussioni senza senso, e si entrerebbe in una cultura legata all’ empirismo, ai fatti concreti. Sembrava, per l’ appunto. Perché con una delle sue migliori prestazioni, ieri Silvio Berlusconi ha annunciato che il taglio delle tasse è un lavoro «davvero improbo», e non ci sono possibilità serie di condurlo a termine almeno prima di un anno. Strano: i conti pubblici erano di cattiva qualità anche negli ultimi mesi; non c’ erano serie possibilità per una riforma incisiva al livello tributario. Quindi bisognerebbe chiederea Berlusconi quale modalità abbia trovato per inventarsi lì per lì una nuova mitologia. Quali nuovi aperture avrà identificato. Adesso bisognerebbe sapere se ci si trova di fronte all’ ennesimo teatrino preelettorale o se Berlusconi ha effettivamente una strategia. Se siamo in presenza del solito exploit, e della consueta "politica artificiale", siamo davanti a un imbroglio, soprattutto nei confronti dei ceti maggiormente bisognosi di una riduzione fiscale. Se invece si tratta di una strategia, dovremo aspettare le prossime mosse del capo del governo. Per vedere se Berlusconi sta scherzando, come suo solito, oppure se sta facendo sul serio, ai danni di tutti noi.
14/01/2010
LETTERE, COMMENTI & IDEE
L' analisi