Ma il re taumaturgo dov’è, che fa, che cosa progetta? Il popolo di Berlusconia è ansioso, perché nonostante i venghino-signori-venghino dei banditori («Abbiamo fatto migliaia di leggi!», «Il governo è in grande anticipo sul programma!») la legislatura del centro-destra sembra una nemesi dorotea. E quindi ci vuole la grande rentrée del Capo: per il momento va bene la cerimonia per l’anniversario di Forza Italia all’Eur. Ma dopo la celebrazione dell’Evento, con gli animi corroborati, l’Italia forzista ha bisogno di nuove iniezioni di entusiasmo e di rabbia, di combattività e di rancore. Certo, anche di rancore. È il caso di ritrovare un nemico. Negli ultimi tempi l’emotività forzista si è appiattita. Si sa, stare al governo è più faticoso che fare opposizione. La polemica contro "le sinistre" è stata delegata ai gregari Bondi e Schifani, tanto che anche il pueblo azzurro sente odore di scontato. L’attacco contro Antonio Fazio è una iniziativa estemporanea, oltretutto rivolta all’uomo che aveva acclamato il miracolo dietro l’angolo. Prodi se ne sta a Bruxelles, dopo avere assistito senza batter ciglio all’incedere del premier verso il fiasco europeo. L’establishment tradizionalista induce i suoi commentatori a scrivere sul "Corriere" che ormai il governo è fuori tempo massimo. Occorrono i nemici altrimenti il popolo forzista si deprime. Aveva sperato nell’abbattimento delle tasse e ora deve accontentarsi, deglutendo amaro, che «non le abbiamo aumentate». Doveva vedere alzarsi i cantieri delle grandi opere, ma Lunardi arranca. Quanto alla ripresa, stendiamo un velo. Si sono visti show neoclassici a Pratica di Mare, summit internazionali nei weekend sardi, ma agli elettori medi di Forza Italia della politica estera non importa nulla. La borghesia chiamata a raccolta dieci anni fa ha bisogno che Berlusconi trasformi davvero l’Italia in una fiera del consumo. Altro che oboli ai pensionati, con l’occhio liquido di commozione per i nuovi poveri: ci vuole un’economia furibonda, la crescita ruggente, i soldi che viaggiano, le briciole che cadono. Altrimenti, che gusto c’è? Le riforme costituzionali sono fisime di Palazzo, che la sciura e il ragioniere, il commercialista e il promotore considerano faccende da azzeccagarbugli. Se il problema fosse tutto lì, meglio Bossi, allora. Secessione senza tante balle. E il Sud se lo prenda Fini. Quindi l’elettorato di Forza Italia guarda al Cavaliere sperando ansiosamente che Lui riesca in un’invenzione fulminea, un gesto imperiale che trasformi la stagflazione in una crescita squillante, che spazzi via il grigiore invernale e apra un fantastico squarcio di azzurro nei cieli della Patria. E se alla fine si capisse che neanche Berlusconi ha il dono dell’onnipotenza? Che si può fare il lifting alle palpebre, ma intanto il paese ha fatto la liposuzione in vita, e deve tenere stretta la cintura? Eccolo qui il problema teologico dell’Italia di Forza Italia: fino a quando si può continuare a credere alla divinità del Salvatore, in assenza di miracoli? L’Italia berlusconizzata dalla tv deve scommettere se il re taumaturgo riuscirà davvero a guarire il paese scrofoloso. Ma se il miracolo latita, il popolo di fede berlusconiana non comincerà a sentire un accenno di languore dentro di sé, uno struggimento infastidito, l’indizio ancora inconfessato del cattivo umore politico? Ma no, via i brutti pensieri: il ritorno del sovrano sarà come un soffio d’aria fresca. Parlerà della libertà, di dieci anni di battaglie, della sua, e loro, impresa storica. Accidenti, anche per gli adoratori di Berlusconi sono passati dieci anni. Si invecchia, purtroppo. Il Cavaliere si tira gli occhi. Il suo popolo proverà a credergli ancora una volta, rifacendosi a sua volta gli occhi con lo spettacolo azzurro: e cercando di superare ancora una volta lo scetticismo portato da quella malattia così poco politica che è l’età.
29/01/2004