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I blitz passano i problemi restano

04/11/2005

Leghisti ed esponenti di An che plaudono all’azione "law & order" del sindaco di Bologna Sergio Cofferati svolgono la loro ovvia provocazione. Il fastidio che possono suscitare nella sinistra è simile all’insofferenza che si prova allorché il tema della sicurezza diventa strumento di una campagna elettorale: la sicurezza è un bene pubblico, e dovrebbe essere perseguita come uno sfondo normale della convivenza civile. Gli imprenditori politici della sicurezza speculano in genere sui timori della gente, giustificati o ingiustificati che siano. Inserire questo argomento in un programma politico di parte aggiunge al confronto fra gli schieramenti pulsioni tipicamente populiste. Ma le iniziative di Cofferati non appartengono, se non in via mediata, alla sfera della sicurezza pubblica. Non c’è un legame diretto fra l’insediamento dei romeni sul greto del Reno e fenomeni di delinquenza. Lo stesso sindaco di Bologna ha iscritto le proprie iniziative, cioè gli sgomberi, i controlli dei vigili urbani sui lavavetri, le baracche spianate dalle ruspe, nel criterio della "legalità". Ed è su questo concetto che occorre intendersi. La legalità è un concetto generale e astratto. Farlo diventare un connotato generale della vita civica è in sé un’impresa meritoria, perché sono molti i cittadini che concepiscono le regole come il tessuto in cui si esercita la propria libertà quotidiana. Tutto bene, allora? No, non proprio. Il primo errore, nel centrosinistra, è consistito nell’avere allestito un dibattito caotico sulla legalità stessa: valore in sé, valore per la sinistra, valore da commisurare o da subordinare ad altri valori? In primo luogo, la legalità non è né di destra né di sinistra, a dispetto di Gianfranco Fini e di Roberto Calderoli. Soprattutto in una città come Bologna, abituata all’ordine e all’efficienza pubblica, sulla legalità non si fanno campagne elettorali e politiche: i cittadini la pretendono come una condizione oggettiva e irrinunciabile. Ma le città sono diventate realtà complesse. L’immigrazione ha mutato la convivenza collettiva. Talvolta l’atteggiamento di tolleranza cede il passo all’insofferenza. E allora come si ripristina il tessuto urbano della legalità? Riesce arduo pensare che alcune mosse spettacolari come gli sgomberi di via Roveretolo e l’abbattimento delle baracche nel Lungoreno abbiano dato un contributo significativo al ritorno all’ordine. I blitz passano, i problemi restano. Cofferati argomenta le proprie decisioni segnalando problemi circoscritti su cui era urgente intervenire: ad esempio, l’insediamento dei romeni sul lungofiume è inquinato dalla presenza di un caporalato che utilizza nei cantieri edili quella manodopera in nero, facilmente reperibile, disperata e sfruttabile. Ma le soluzioni sono buone quando non eccedono la taglia dei problemi. Se fosse possibile riportare la legalità a qualsiasi costo, il centro di Bologna, particolarmente la zona universitaria, potrebbe essere bonificato con un’azione di elicotteri, accompagnati dalla "Cavalcata delle Valchirie": ma non si tratterebbe della legalità ripristinata, bensì di una variante felsinea di "Apocalypse Now". E quindi se il problema del Lungoreno era la presenza di lavoro nero e sfruttamento, è bene capire se il mezzo migliore per risolverlo consiste nell’abbattimento di cento baracche. Oppure se la soluzione è sfasata rispetto al problema. Come si è visto, i blitz del sindaco hanno aperto una questione politica dentro la sinistra e fra la sinistra e i cattolici. A sinistra non ci sono soltanto Rifondazione comunista o i movimenti a criticare Cofferati. Lo storico sindaco migliorista Guido Fanti ha attaccato duramente le scelte del primo cittadino. Mauro Zani, influente figura di riferimento dei Ds bolognesi, ha chiesto una riflessione sull’azione del sindaco, lasciando trasparire un disagio che appartiene a molti esponenti dell’élite diessina locale. Assessori e sindaci della regione si pronunciano con prudenza, ma non dissimulano la loro contrarietà. Le associazioni cattoliche di base sono scatenate. Perché alla fine non è tanto il concetto della legalità, l’astrazione della legalità, a suscitare inquietudini: ma l’idea che colpendo in modo esemplare gli ultimi, i più deboli, il "summum ius" di Cofferati possa apparire "summa iniuria".

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