Lunedì 5 settembre, in prima serata è andato in onda su Raitre, sotto l’etichetta "La grande storia", il documentario di Luigi Bizzarri "Giovanni Paolo I. Il papa del sorriso" (con la consulenza storica di Alberto Melloni). Si è trattato di un piccolo, ma non tanto piccolo, capolavoro, televisivo e non solo televisivo. Perché è facile ricostruire una vita quando i documenti abbondano. Ma come si fa a raccontare una storia per immagini quando le immagini non ci sono, o sono rarissime? Chi ha visto o rivisto il film di Bizzarri su papa Pacelli (riproposto di recente) avrà apprezzato l’equilibrio ideologico del programma, in cui il "silenzio" di Pio XII sulla Shoah veniva discusso con eccezionale competenza e finezza. Ma il documentario pacelliano aveva il pregio di una straordinaria documentazione filmata, per cui si capisce facilmente il buon successo di pubblico che ha ottenuto. Mentre raccontare la vita e la carriera di Albino Luciani rappresentava una "mission impossible", dal momento che il protagonista ha cercato per tutta la vita di proteggersi dalle apparizioni pubbliche. Bizzarri (e Melloni) sono riusciti nell’impresa. L’autore del programma ha perfino messo annunci a pagamento sui giornali veneti, per cercare di recuperare qualche filmato domestico. Nonostante la penuria di documenti visivi, la prima parte del film costituisce un esercizio stilistico e tecnico di rara bravura, in cui il commento gioca con le immagini d’archivio, offrendo un continuo contrappunto tra filmati, fotografie e testo. La sapienza storiografica di Melloni è riuscita a documentare alcune curiosità strepitose (ad esempio, il fatto che il padre del futuro papa abbia visto nascere e morire tre piccoli Albini, prima dell’Albino finale: indizio di una povertà disperata, di storie di immigrazione e fame, di malattie e privazioni tipiche di un mondo premoderno). Il documentario assume una cadenza serrata a partire dal conclave che elegge Luciani, e nelle sequenze del suo brevissimo pontificato. Con la capacità continuamente avvertibile di unire la riflessione storica e politica con l’intenzione divulgativa. Sfiorando il gossip "noir" (Marcinkus, lo Ior, gli avvertimenti di "Op", la rivista di Mino Pecorelli), ma attenendosi con scrupolo ai fatti. Una meraviglia. O la dimostrazione che se c’è da fare il famoso servizio pubblico lo si faccia: "quelli che il papa" può battere anche Bonolis.
15/09/2005