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Non possiamo non dirci casinisti

12/05/2005

Se il centrodestra del futuro è un puzzle, bisognerà vedere se il tassello più piccolo riuscirà a completare l’immagine. Cioè se Pier Ferdinando Casini diventerà il leader della Casa o dell’Alleanza delle libertà. Prima risposta: se non lui, chi? Se Silvio Berlusconi, sulla soglia dei settant’anni, dovesse effettivamente cedere il comando, c’è qualcun altro che potrebbe contendergli la candidatura a premier? I pretendenti non sono troppi, e nemmeno troppo qualificati. A parte il fatto di essere collocato nominalmente all’estremità della coalizione, Gianfranco Fini ha lo svantaggio di avere sbagliato finora tutte le mosse decisive: ogni volta, nelle crisi e nelle soluzioni delle crisi, il presidente di An si ritrova nella condizione dell’uomo che non deve chiedere mai, altrimenti gli dicono di no. Tant’è vero che nel Berlusconi bis si è ritrovato al proprio fianco come vicepremier Giulio Tremonti, ossia l’uomo di cui aveva chiesto e ottenuto la testa meno di un anno fa. Lo stesso Tremonti, allora? Ma Tremonti è un atipico, il creatore del forzaleghismo, l’uomo delle soluzioni troppo creative (altro che Berlusconi bis, ha scritto il "Financial Times", si tratta del "Tremonti beach", proprio nel senso delle spiagge). Un concorrente autorevole sarebbe Beppe Pisanu, ex sinistra dc, uno della "banda dei quattro" di zaccagniniana memoria: ma il ministro degli Interni non ha appeal fisico né carisma personale, mentre Pier Ferdinando, allievo dei dorotei Toni Bisaglia e Arnaldo Forlani, ha un look giovanilistico ma persuasivo, molto più adatto agli stilemi della seconda Repubblica. Al di là delle questioni di immagine, il punto centrale è che Casini sembra il leader appropriato per la ricostruzione politica e culturale del centrodestra. Ha una vocazione schiettamente bipolare, fin da quando, nel 1994, scelse di schierare la piccola vela del Ccd sotto il vento di Forza Italia. Anche allora manifestava una chiara impronta europeista, risalente alla sua tradizione, talvolta scontrandosi con l’ala euroscettica del Polo e della Lega. E ha anche la credibilità istituzionale assicuratagli da un’interpretazione morbida della presidenza di Montecitorio. Le ragioni politiche della "soluzione Casini" non finiscono qui. La legislatura attuale infatti ha mostrato il fallimento delle velleità berlusconiane di schierare il centrodestra in chiave liberista, dal momento che anche le timide realizzazioni "supply side" di Berlusconi, come il taglio delle tasse, si sono rivelate politicamente irrisorie. Dunque, se è fallito il tentativo di rifare una destra in formato simil-thatcheriano, ci devono essere motivi precisi e un’alternativa praticabile. I motivi sono che la Casa delle libertà non ha risolto la propria contraddizione interna (quella che risale al 1994, la contraddizione fra il Polo delle libertà e il Polo del buongoverno, cioè fra la componente federal-liberista e quella nazional-centralista, fra l’asse del Nord e il partito del Sud). Quanto all’alternativa occorrerà trovare un impasto politico-culturale diverso, più consono alla tradizione italiana. L’accento si sposta presumibilmente verso una coalizione popolar-conservatrice, non stressata ideologicamente e non ostile ai processi di modernizzazione: un’alleanza "cugina" della Cdu-Csu tedesca, saldamente radicata nel solco della politica nazionale e di un sostanziale interclassismo. Berlusconi era lo choc, Casini è la rassicurazione. A dispetto di altre velleità presenti nel centrodestra, il presidente della Camera non sembra avere rivali molto plausibili. Grazie alla sua funzione istituzionale è riuscito a mantenere un’immagine non faziosa (che a Bologna ha dato luogo a quell’area politico-economica che viene detta ironicamente "Prodi-Casini"). Se gli toccherà davvero ridare un’identità alla Casa delle libertà, Casini ha tutte le caratteristiche per configurare una coalizione che non punta esplicitamente sul conflitto, e che piuttosto modera i termini della competizione politica. Tutt’al più, si dovrà verificare se la prospettiva moderata sarà accettabile per gli estremisti del moderatismo che abitano la Casa.

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