Il Meeting di Rimini non è stato un fallimento in termini di partecipazione, ma, per la prima volta nella storia di Comunione e liberazione, è andato male. Se anche un ciellino illustre come Antonio Socci prende le distanze, e molti osservatori non proprio antipatizzanti mettono in luce che ormai il Meeting sarebbe diventato una specie di festival della Compagnia delle opere, cioè del braccio imprenditoriale e secolare di Cl, qualcosa in effetti potrebbe essersi incrinato. Occorre ricordare innanzitutto che il movimento fondato da don Luigi Giussani non è un esercito bensì un’avanguardia militante. Un organismo che ha sempre esposto la propria radicalità e manifestato il proprio antagonismo verso il cattolicesimo progressista. Uno studioso cattolico di parte avversa come Alberto Melloni ha sintetizzato in questo modo il suo ruolo: «Cl porta a Rimini 30 mila persone per sette giorni, i parroci portano in chiesa per 52 settimane sette milioni di praticanti». Come tutti i movimenti ad alta intensità di identificazione, Cl vive della propria capacità manovriera. Sul terreno politico è sempre riuscita a valorizzare la selettività dei suoi rapporti, con l’uso trasversale delle amicizie a testimoniare il non coinvolgimento negli schieramenti e semmai la simpatia per i singoli leader politici (ma il rapporto è sbilanciato in modo vistoso verso destra: per un solo Bersani, tradizionalmente apprezzato per il suo pragmatismo, ci sono sempre almeno dieci esponenti amici nella Cdl). Di conseguenza, Cl dipende in larghissima misura dalla propria visibilità. Solo che essa è efficace quando testimonia sicurezza di sé. Mentre quest’anno a Rimini il movimento ciellino ha dato l’impressione di essere condizionabile dalla politica. Da questo punto di vista sono stati più rivelatori i fischi a Guglielmo Epifani che quelli diretti a Paola Binetti: perché, depurandoli dalla volgarità delle accuse («giuda, venduta»), i fischi bioetici erano motivati da un giudizio a sfondo religioso; mentre i fischi sindacali erano motivati da pura antipatia politica, e sono dilagati proprio mentre il segretario della Cgil sosteneva che il sindacato avrebbe criticato anche il governo Prodi, nel caso di politiche giudicate inappropriate, così come si era opposto a quelli che in passato aveva giudicato gli errori del governo Berlusconi. I ciellini raccolti a Rimini dunque hanno fischiato per incredulità, per scetticismo, per ostilità a priori. Mentre hanno applaudito con entusiasmo fiammante le argomentazioni da ateo devoto di Marcello Pera, specialmente quando ha sostenuto che in Europa le cose vanno male perché «ci sono troppi cattolici adulti» (con un riferimento volgaruccio alla posizione di Prodi sul referendum in materia di fecondazione assistita). E hanno espresso altrettanto calore verso le ricostruzioni politico-economiche di Giulio Tremonti, cioè l’ideologo della mitologizzazione a posteriori del governo Berlusconi. Ma il momento in cui il Meeting si è afflosciato è stato ovviamente con lo show di Silvio Berlusconi. Pazienza la claque forzista, un classico da Vicenza in poi, ma che l’Entertainer di mezza estate abbia potuto pensare di reclutare i ciellini per i suoi Circoli della libertà è il segno che lo steccato fra politica e impegno religioso è stato sfondato. Prima era figurativo, ossia ampiamente retorico. Adesso si presenta come un reperto storico. Sarà stata la sofferenza di trovarsi in una condizione orfana di don Giussani e del suo carisma. O anche, più prosaicamente, la stanchezza di un movimento privo di ricambio al vertice. Ma per la prima volta si è avuta l’impressione che Cl assomigliasse a un’appendice, a una subordinata della politica. Sono gli scherzi che gioca l’immagine, e che combina la politica quando fa entrare in campo i rapporti di forza veri. Ma se finora si era visto il Meeting dare i voti, esprimere il gradimento, selezionando personalità e posizioni culturali, premiando e bocciando, nell’agosto 2006 si è visto un leader politico e i suoi seguaci andare, se non alla conquista, alla strumentalizzazione di un movimento. Per il cattolicesimo intransigente, integrale, orgoglioso di Comunione e liberazione, è peggio che un cedimento: è un problema.
07/09/2006