gli articoli L'Espresso/

Le voglie d’autunno

31/08/2006

Sarà ripresa vivace o autunno che declina, neanche troppo dolcemente? Crescita del Pil, bonus fiscale, Finanziaria leggera, per gli ottimisti; trappole al Senato, centrosinistra a pezzi, per chi vede nero. Il paese affronta l’ennesimo ritorno a settembre con poche certezze e molti dubbi: come al solito, insomma. Qui di seguito, scaramanzie e cattivi pensieri, buone intenzioni e pessimi auspici: un lessico del dopo estate. Amato Il dottor Sottile lo sa, ma fa finta di non saperlo per innata prudenza. Il suo ruolo non è il titolare degli Interni; o meglio, non solo. Amato è il vero ideologo dell’Unione: solo la sua cultura può fornire un quadro concettuale che tenga insieme liberalizzazioni e cittadinanza agli immigrati, laicità e Vaticano, islamici e Occidente, tasse e aliquote, crescita e redistribuzione. E dire che non hanno voluto mandarlo al Quirinale: ah, che magnifici discorsi, avremmo sentito. Bertinotti I suoi avversari, soprattutto dentro i Ds, dicono che non ha idea di come si gestisce la Camera. Che fare il presidente non vuol dire dare la parola. In più, mettiamoci gli auguri a Fidel Castro, giustificati con la solita eleganza elusiva. L’apprendistato di Fausto come uomo delle istituzioni è faticoso. Ma un risultato l’ha già ottenuto. Senza la sua presenza sul campo, Rifondazione comunista è tornata nella zona d’ombra. Bisogna vedere se il Parolaio è contento per il proprio ruolo presidenziale o scontento per il partito: certo che pensare "dopo di me il diluvio" è pur sempre una bella soddisfazione. Casini L’inossidabile Pier Ferdinando ostenta toni duri quando deve parlare del governo, e toni durissimi allorché parla del centrodestra. Un’analisi vecchia maniera lo consiglia di stare fermo, immobile, aspettare. Ma intanto si profila irresistibile l’idea del Centro che decide: sarebbe sufficiente scomporre il bipolarismo, allearsi con i centristi dell’Unione (intanto con Mastella, domani si vedrà) e costituire un ago della bilancia, un nucleo autonomo, il luogo di tutti i Monti, Montezemolo, Della Valle eccetera: sperando che con tutti questi monti e valli non si venga mandati a scopare il mare. D’ALEMA Era ruzzolato giù dal Colle e sembrava che la Farnesina fosse un premio di consolazione. Si è trovato a raddrizzare la politica estera italiana, e sta oscurando il predecessore. Guadagna il plauso del divo Giulio, risponde per le rime alle accuse per la passeggiata con l’hezbollah. Grandi successi, ma anche una missione in Libano che sarà un azzardo. Anche per lui, che si gioca tutta, ma proprio tutta, la carriera politica. EMMA Nel senso della Bonino. Rimasta fuori dalle beghe dei Rosapugnoni. Quindi estranea alle liti provocate dall’incompatibilità di carattere fra socialisti e radicali. Il progetto di accorpamento nella Rnp è fallito, dopo il cattivo risultato elettorale, perché la bulimia mediatica e politica pannelliana, altro che scioperi della fame, ha messo ai margini Boselli e compagni. Volgare pensare che per Emma la presenza al governo sia l’occasione di spannellarsi, e di trovare finalmente una strada propria: ma si sa che a pensar male, con quel che segue. FASSINO C’è il tarlo segreto del successo internazionale del lider Maximo. L’invidia per Rutelli che si esibisce in spiaggia o volteggia fra i beni culturali. Mentre Veltroni, Bersani, Chiamparino si mettono ai blocchi per la guida del partito democratico. Solita vita da mediano, per l’infaticabile Piero, e anche con qualche punto di penalizzazione che renderà ostica la ripresa del campionato. GIANFRANCO Nel senso di Fini. L’a-a-abbronzatissimo. L’orfano della Farnesina, e si vede. L’uomo che traghetterà An e i suoi postfascistoni residui dentro il Ppe. Era il teorico del fascismo del 2000. Adesso è il programmatore della democristianità del Terzo Millennio. Avviso agli Storace, ai duri e puri (non esageriamo, anche ai sottanieri del partito, ai divanisti, a quelli che sono passati da via della Scrofa a Piazza della Porcella): morirete democristiani, e dovrete anche farvelo piacere. HEZBOLLAH Bisognerà disarmarli, dice il centrodestra. Che sulla forza Unifil fa gli stessi sketch che ha fatto con le liberalizzazioni. Liberisti al governo e corporativi all’opposizione. Protagonisti nell’agone internazionale, quando c’era Silvio, e prudentini quando non c’è più. Finisce che SuperSilvio si traveste da hezbollah, e li disarma lui, con ieratiche movenze e salamelecchi, offrendo collane di rubini. IMMIGRATI Nota del presidente del consiglio Romano Prodi. Sugli immigrati devono tacere tutti. Può parlare solo Amato. LIBERALIZZAZIONI Cavallo di battaglia del prode Bersani. Che dovrebbe capire una sola cosuccia: le liberalizzazioni sono, alla lettera, il programma del partito democratico. Libertà e merito, uguaglianza praticata nei fatti. Chi le porta a casa non fa soltanto il bene del paese, può anche diventare il leader della nuova fase. Tagliando l’erba sotto i piedi a tutti gli altri, a Rutelli, a Veltroni. L’autunno dovrebbe dirci se il commentatore di don Giussani riuscirà a prendere questo taxi. MONTEZEMOLO Questi i fantasmi di Luca: liberalizzazioni, tasse, mercato, ripresa. In casa Fiat, l’ombra di Marchionne, l’uomo duro, l’uomo d’oro. In Confindustria il multipresidente si fa in quattro per controllare la base ancora nostalgica dei condoni e della crescita zero. Deve portare a casa un risultato, qualcosa, convincere il governo a sganciare. Solo allora potrà dire: ne è valsa la pena; alla fine siamo riusciti a farci un cuneo così. NAPOLITANO ‘O presidente vigila, vaglia, giudica, e poi sentenzia. Per la verità in agosto è stato parco di parole. Cosa fatta capo ha. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Ma se tanto ci dà tanto, l’Uomo del Colle, alla ripresa settembrina, avrà modo di esternare alla grande. Il suo compito è più delicato che mai: perché il tifo dice Unione, ma la ragione e l’istituzione dicono neutralità. Anzi, per evitare critiche dovrà apparire ancora più imparziale. Invocherà il dialogo, inviterà a rispettare la procedura istituzionale: ma alla fine, farà capire: accà nisciuno è fesso, e quindi tocca a voi, cari signori dell’Unione, trovare il modo di tenere in piedi il governo (non spetta a lui dirlo, ma un napoletano, con la "e", e la "n" minuscola, mi raccomando, li avrebbe già messi in saccoccia, quei sei o sette senatori di sicurezza). OSSERVATORE ROMANO A forza di osservare, anche romanamente, si prevede quanto segue: che nella successione al presidente della Cei Ruini, il cardinale Tettamanzi prende più voti, ma alla fine il papa nomina Angelo Scola, legato a Cl. Si parva licet componere magnis, accadde la stessa cosa quella volta con Veltroni e D’Alema: il popolo dei fax votò il Bruco; i corridoi di partito nominarono Baffino. Conclusione: con i voti bisogna andarci piano, soprattutto se sono voti religiosi. E si sa che chi entra papa, esce cardinale. PRODI A destra dicono che cade, cade, adesso cade; lui si comporta come se fosse eterno. Patate bollenti in politica estera, ma anche grande visibilità europea e mondiale. Perfettamente a suo agio, con D’Alema in avanscoperta, il Caro Leader dovrebbe abbandonare il proscenio planetario per occuparsi di inezie come la Finanziaria. I sondaggi segreti lo danno in grande crescita, grazie ai tortellini della Flavia, l’italianità della Croma, le ferie interrotte per senso del dovere, le telefonate con Chirac e con Olmert: ragàssi, qui si lavora da belve. Quanto alla Finanziaria, ci pensi Padoa-Schioppa, faccia il piacere (appunto per il rigoroso Tsp: evitare le polemiche con Giavazzi, please). QUESTIONE MORALE L’indulto ha fatto perdere al governo tre punti nell’indice di fiducia. In compenso, grande successo di Mastella. Alla ripresa, converrà mettere mano alla legge sul conflitto di interessi. Anche per vedere se la Cdl è davvero tutta schierata come un solo sicofante a favore delle proprietà di Silvio il Berbero. SILVIO Ha detto ciò che non bisogna mai dire. A qualcuno che gli chiedeva news sulla leadership della Cdl e sulla sua insostituibilità come capo della destra, ha rifilato una delle sue citazioni: «I cimiteri sono pieni di persone indispensabili». Frase di quelle da toccarsi. Come al solito, Berlusconi si è dimenticato di ricordare l’autore del bon mot, che per tradizione è il generale de Gaulle. Quello che disse anche: «Il potere non si conquista, si raccatta». Ecco, il futuro politico del vulcanico Cavaliere, il tuareg, il piccolo tamburino sardo, l’uomo-rumba del Pepero Club di Porto Cervo, non dipende molto da lui e dalle sue forze. O Prodi crolla, con tutta l’Unione. Oppure per l’ex Caimano, l’attuale re berbero, la vita si fa amara: come il rabarbaro. TABACCI Nonché Follini, naturalmente. Le speranze bianche dell’evoluzione politica. Ma arriva questa evoluzione, o stiamo sempre aspettando Godot? E senza mai goder? UMBERTO Uscite provinciali del Bossi, come quella che la missione in Libano costa troppo. Ogni giorno che passa lontana dal potere la Lega soffre. Dopo il crollo della devolution ci vorrebbe un’evolùscion. Forse anche dentro la Lega qualcuno si è accorto che l’asse con Berlusconi, il forzaleghismo, ha fatto bene a tutti fuorché al Carroccio. Se avesse ancora voglia di fare politica, in autunno ci si aspetterebbe un’invènscion alla Bossi. VISCO Anche i contribuenti più ligi, di fronte al passaggio concettuale e operativo "dall’imposta al contribuente", avvertono qualche brivido. Non per timore del ministro, ma per sfiducia nella burocrazia. Perché se poi l’anagrafe tributaria produce cartelle pazze? Se le tasse tartassano? Con l’autunno, non si potrebbe fare la lotta all’evasione con calma, parlando lentamente, senza che si sentano nell’aria minacce? O anzi, meglio: non converrebbe farla, la lotta, e non parlarne mai? WALTER Qualcuno lo chiama "dilemma di Veltroni", e suona così: è al massimo della popolarità, sarebbe l’uomo vincente, il leader carismatico del partito democratico. E tuttavia deve restare in standby, in attesa, col rischio di invecchiare prima di scendere davvero in campo. Sì, va be’, c’è il festival romano del cinema, il popolo de Roma che lo ama tassisti compresi. Ma intanto, quel Bersani delle liberalizzazioni, quel Chiamparino di Torino, sono brutte bestie, concorrenti temibili. L’autunno di Walter è nel segno di una trionfale malinconia. ZERO A ZERO Questo il probabile risultato di tutte le partite, dal momento che la Juventus ricorre al Tar del Lazio, e se il Tar respinge ricorrerà al Tas di Losanna, e poi alla Corte di giustizia di Lussemburgo, o alla Croce Rossa, a Carla Del Ponte, al tribunale del Land del Palatinato, a un giudice nominato dal borgomastro di Aquisgrana, e allora i campionati non cominceranno mai più: ma insomma, ci sarà un arbitro a Berlino, che fischi l’inizio? n

Facebook Twitter Google Email Email