Le tre puntate di "Ciak si vota. Cinema e propaganda politica", curate da Tatti Sanguineti e realizzate dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e dall’Istituto Sturzo promettono di diventare una fonte straordinaria per lo studio della storia contemporanea italiana. La prima puntata è andata in onda il giorno di Ferragosto, quasi a mezzanotte. Per il vizioso di politica, ma anche per chi ama la documentazione filmica della nostra vicenda repubblicana, si è trattato di un appuntamento impagabile. In primo luogo per la ricchezza del repertorio cinematografico selezionato e montato: questa prima puntata era dedicata al cinema propagandistico democristiano, nei dintorni delle elezioni "epocali" del 18 aprile 1948. Il che consentiva di registrare direttamente il clima d’epoca, ma anche il confronto fra i complessi ideologici, le convenzioni propagandistiche, il calore e l’asprezza dello scontro politico, dentro un complesso di regole che consentivano tackle durissimi (alcune produzioni cinematografiche dei Comitati civici di Luigi Gedda sono oggi particolarmente impressionanti quando commentano in modo tassativo la scomunica del Vaticano contro gli iscritti al Pci). Dunque la prima reazione, in attesa dell’ultima puntata (la seconda, il 22 agosto, è stata dedicata ai comunisti) è di gratitudine "professionale", per la ricerca effettuata, che ha riportato alla luce una quantità impressionante di materiale. Ma in secondo luogo programmi come questo mettono in luce quale potrebbe essere il ruolo effettivo della Rai come produttrice di cultura. È fuor di dubbio che gli archivi dell’emittente pubblica sono uno straordinario bacino di lavoro per gli storici attuali e futuri che vorranno avere immagini, e non solo testimonianze scritte, sull’evoluzione del paese, e quindi richiedono cure e soprattutto investimenti, almeno finché la Rai vorrà fregiarsi dell’etichetta di "servizio pubblico". E nello stesso tempo quella che viene definita con un po’ di retorica «la massima agenzia culturale del paese» dovrebbe anche esercitare una funzione editoriale, individuando filoni di lavoro (oltre a quelli meritori di Gianni Minoli con "La storia siamo noi") che possano valorizzare i depositi di immagini conservate in archivio, ed eventualmente anche di acquisizione o mappatura di archivi esterni. Per adesso, programmi come "Ciak si vota" sono esemplari, e indicano una direzione possibile.
31/08/2006