Chi voleva una fotografia delle due Italie, il paese di destra e il paese di sinistra, l’ha trovata. La destra è come sempre Silvio Berlusconi: il Cavaliere ridente, trionfante, esplosivo. L’uomo mascherato di Marrakech, il berbero che avanza con passi «ieratici», si inginocchia e concede all’inconsapevole Veronica la collana di rubini. Oppure il supermondano di Porto Cervo, che si infila al Billionaire di Flavio Briatore, e trasforma una serata cafona in un evento imperdibile, tra Lele Mora, Emilio Fede, Matteo Marzotto, Paolo Barilla, nonché gruppetti di supersquinzie «belle & possibili», come ha sottolineato Laura Laurenzi su "la Repubblica". Insomma, destra significa gente che sa divertirsi e ne ha la possibilità. Niente moralismi, naturalmente: al suo meglio, Berlusconi è un grande intrattenitore, uno che si presenta alla festa, e al supercazzeggio, della Sardegna dorata sostenendo con la miglior faccia possibile che è la sua prima serata libera negli ultimi 12 anni, e che comunque anche di recente ha fatto le nottate lavorando con «il dottor Letta». Sottinteso: mi merito il premio. Mentre la sinistra, neanche a dirlo, sembra una quaresima. La legge finanziaria che si profila al di là delle ferie incombe come una nuvola minacciosa, gonfia di responsabilità, tagli, sacrifici, impegni, punizioni. Tutti argomenti su cui è difficile immaginare un processo riformista guidato con decisione e unità d’intenti. Ed è logico allora che Berlusconi sfoderi il suo scetticismo, la sua ironia, il suo ottimismo: «Prodi non dura». È la sua scommessa. Deve tenere insieme il centrodestra, stroncando le eresie di Pier Ferdinando Casini e le manovre a cui teme che potrebbe prestarsi l’Udc. Deve mettere tutta la Cdl a fianco a fianco con l’Unione e correre in parallelo a Romano Prodi: chi si ferma per primo ha perduto. Mors tua vita mea. In caso di caduta del centrosinistra, si avvererebbe la diagnosi di Arturo Parisi: «Se la maggioranza dimostrasse di non saper dare prova di unità e capacità di governo, sarebbe inevitabile ripensare la nostra proposta davanti agli elettori», vale a dire che l’Unione avrebbe chiuso la sua storia. In modo consapevole o no, gli exploit mondani di Berlusconi servono anche a mettere in luce la felicità collettiva, l’allegria euforica della destra contro la mestizia ontologica della sinistra. Mentre Tommaso Padoa-Schioppa dovrà spremere ogni energia per individuare costi da tagliare e spese da risparmiare. Una povertà francescana è il clima che Prodi e il suo governo possono promettere agli italiani, nella speranza che la virtù possa diventare benessere in seguito. Berlusconi invece sta facendo la più efficace campagna preventiva possibile: la ricchezza è qui e ora, basta saperla cogliere. Sta tornando il Berlusconi autentico, la figurina magica, l’icona pop senza inibizioni e senza tabù: l’uomo del jogging alle Bermuda, dei cactus a Villa Certosa, della bandana con Cherie Blaire, dell’amicizia virile con il judoka Vladimir Putin, del lifting, del trapianto, delle nottate con il chitarrista Mariano Apicella. Il Berlusconi al governo era berlusconista, cioè duro e cattivo; quello di Marrakech e del Billionaire è berlusconiano. Lancia il suo unico vero programma, "lasciateci divertire". Dove il divertimento è innescato dal potere, dall’esercizio del comando, dal piacere dell’essere al centro di tutto. Difficile controllare se sia vero che i sondaggi hanno riportato la destra cinque punti sopra l’Unione. Di sicuro c’è soltanto che il collasso del centrosinistra equivarrebbe alla sua autodistruzione: dopo la caduta di Prodi, proprio come disse Giancarlo Pajetta a proposito del dopo Togliatti, si chiude una fase e non se ne apre nessun’altra. Berlusconi ne è consapevole. Si mette in pista per essere pronto a raccattare il potere. Fra il suo umorismo, il gusto per la comicità, il senso di Silvio per le feste, e la "reconquista" ai danni degli infedeli, c’è solo il diaframma resistenziale di due voti al Senato. Certo, lo sanno anche tutti quelli dell’Unione, che devono durare un passo, un soffio, un istante in più di Berlusconi. A dispetto di tutto, prima di riconsegnare l’Italia ai trentadue denti del Caimano, vale la pena di ricorrere a vecchi proverbi, a saggezze antiche: all’idea insomma che ride bene chi ride ultimo.
10/08/2006