gli articoli L'Espresso/

Tra Dortmund e Norimberga

13/07/2006

La sera di martedì 4 luglio, pochi istanti dopo i due gol di Grosso e Del Piero, un ex ministro del governo Berlusconi spedisce da una pizzeria di Londra il seguente sms: «Mentre le forze tedesche vengono schiantate a Dortmund, a Roma si celebra una inutile Norimberga». Ecco a che cosa può indurre la miscela del tifo azzurro con il tifo juventino. Certo, sarà banale accostare il paradiso della nuova drammatica vittoria contro la Nazionale tedesca all’inferno delle condanne terrificanti richieste per Calciopoli dal procuratore federale Stefano Palazzi. Eppure sono proprio queste le due facce del pallone: di livello altissimo al Mondiale, a un grado di impressionante malaffare in patria. Si schiude la finale di Berlino mentre 13 nazionali rischiano la retrocessione (o meglio la collocazione sul mercato a prezzi di saldo). La spedizione azzurra a Duisburg era cominciata tra i fumi dello scandalo. Diversi osservatori avevano chiesto un gesto esemplare, l’allontanamento del commissario tecnico Marcello Lippi, una buonuscita veloce per Buffon e Cannavaro, nel nome di Piedi puliti. A posteriori, la grande affermazione della Nazionale azzurra sembra allora merito in larga parte del commissario straordinario Guido Rossi, che ha difeso Lippi in modo apparso inatteso, e ha contribuito all’impresa con cui il cittì ha costruito e plasmato, come nel 1982 Enzo Bearzot, il suo gruppo. Gruppo, parola fatidica. Si sa che gli italiani lavorano bene soprattutto in emergenza, allorché il cuore e la fantasia devono supplire alle doti di organizzazione. E qui l’emergenza c’era, eccome. I giocatori sapevano che il tribunale sportivo stava per decimare la serie A, e che diverse carriere stavano per entrare in fibrillazione. Hanno eretto un fortino e se la sono giocata: adesso sono tutti davanti alla prova più importante della loro vita calcistica. Dovessero vincere, o comunque giocarsi eroicamente la finale di domenica 9 luglio, si alzerà il coro dell’amnistia. Dell’indulgenza, della "giustizia giusta". Ma è proprio l’impianto della "Norimberga" italiana a rendere impossibile la clemenza, fosse pure davanti a un titolo mondiale. L’investigatore speciale Francesco Saverio Borrelli ha messo le mani in un coacervo pazzesco, in cui poteri e contropoteri erano intrecciati da accordi ufficiali e manovre sotto banco. Ha parlato di un «illecito strutturale», in cui riesce arduo discriminare le responsabilità. C’era la cupola di Luciano Moggi, e altre cupole, in un torneo parallelo di scambi, pressioni, condizionamenti, favori, minacce. In queste condizioni, non è possibile individuare i responsabili in base a fatti accertabili con nitidezza penale. Succede, quando è infetto tutto un sistema. Si fanno volare teste, si comminano (e poi si infliggono) condanne esemplari. La giustizia è inevitabilmente sommaria. Ma l’alternativa è il volemose bene, siamo tutti italiani, i "nostri ragazzi" hanno dimostrato che il calcio è sano. Il fatto è che il calcio nell’era Moggi e Galliani ha bisogno di una bonifica. Sotto il profilo della procedura, del diritto, delle garanzie è un’enormità. Ma qui non c’è un processo: c’è una rivoluzione e una ghigliottina. Nella speranza che tagliate le teste non si torni all’Ancien Régime.

Facebook Twitter Google Email Email