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Rosa nel pugno e spina nel fianco

25/05/2006

Ad ascoltare con una certa frequenza Radio radicale, è difficile non restare ammirati per la capacità della Rosa nel pugno di martellare su qualche tema politico per portarlo all’attenzione del pubblico. È il caso della polemica aperta da Marco Pannella sui quattro, ovvero otto, senatori non eletti nella Rnp. Si tratta di un caso piuttosto complicato sotto il profilo giuridico e che probabilmente è sintetizzabile nel modo seguente. In base allo spirito della legge elettorale non ci sono dubbi: la Rosa nel pugno non ha raggiunto la soglia di sbarramento al Senato, e quindi non ha diritto a nessun senatore. Ma socialisti e soprattutto radicali si appellano esplicitamente "alla lettera della legge": infatti nella norma elettorale, essendo questa stata scritta con i piedi (come non poche altre leggi della Casa delle libertà) è rimasto un varco. In questo varco Pannella e i rosapugnisti hanno infilato prima un dito, poi il braccio. E andranno avanti a lungo, perché questa è la tecnica su cui Pannella, Emma Bonino e i radicali in genere hanno fondato la loro azione politica. Conta pochissimo che il risultato elettorale della Rnp sia stato particolarmente deludente, a dispetto di quanto si aspettavano i simpatizzanti, che sono particolarmente numerosi nelle strutture mediatiche: i rosapugnisti, o rosapugnoni come li chiama "Il Foglio" si sono comunque arrogati la rappresentanza di quel modesto peso elettorale che ha consentito di far pendere il piatto della bilancia elettorale dalla parte del centrosinistra. Invece conta, e molto, la qualità polemica del piccolo partito aggregato all’Unione. Il caso del Senato non sarebbe molto più che pretestuoso se non fosse l’indizio di una sindrome che ha già colpito il centrosinistra, e che ha mostrato un’eccellente capacità di disorientare i simpatizzanti durante l’iter di formazione del governo. Chiamiamolo "effetto proporzionale", o in qualiasi altro modo, ma il risultato non cambia. La Rnp si è distinta ad esempio con una esplicita operazione di lobbying politico per imporre la figura della Bonino al ministero della Difesa. Non è immediatamente intuitivo quali siano le sue competenze in materia, e per quale motivo invece la Bonino, ex commissario europeo, non potrebbe ricoprire egregiamente il ruolo di ministro delle Politiche comunitarie o un’altra poltrona ministeriale. Sempre ammesso che alla Rosa nel pugno "spetti" una quota di ministeri. Perché per la verità non è affatto detto che il governo debba essere composto in seguito a un sistematico processo di spartizione. Certamente non è ciò che si aspetta quella metà della società italiana che ha votato per il centrosinistra. E invece la sindrome rosapugnista sta agendo in modo virulento dentro l’Unione. Si è vista una sorda lotta per l’aggiudicazione dei ministeri fra i partiti maggiori. Con lo scandalo del povero Giuliano Amato, colui che fu il dottor Sottile, ed è vicepresidente del Pse, palleggiato fra Ds e Margherita, nel senso di rendere chiaro che chi Amato insedia, in carico lo piglia, essendo lui senza tessere di partito. In sostanza, finora l’Unione ha trovato l’unità soltanto nelle elezioni per i vertici delle Camere e per il Quirinale. E quindi bisogna rilevare una notevole sfasatura fra la solidarietà di coalizione, che si vede quando si tratta di occupare caselle istituzionali, e la rivalità fra i partiti, che insorge allorché si passa alla fase della lottizzazione. Non è certo responsabilità soltanto della Rnp o di Clemente Mastella, né di chiunque tratti sulle posizioni di potere e di governo. Resta comunque il fatto che lo spettacolo finora non è stato di buon livello. Anzi. Sembra di essere tornati all’ambiente della prima Repubblica, con i veti, i negoziati, i ricatti. Dice: è l’effetto della legge elettorale voluta dal centrodestra. Sì, può darsi. Ma le leggi sono le leggi, e dopo le leggi ci sono i comportamenti. Per quanto l’opinione pubblica sia distratta dal collasso catastrofico del calcio nazionale, se cominciasse a serpeggiare anche qualche insoddisfazione per il modo in cui il centrosinistra va al governo, verrebbe voglia di dire: chi mal comincia…

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