Noi non ricorreremo alla vieta battuta sull’operazione Piedi puliti e su Pedatopoli. Vorremmo semplicemente proporre un piccolo manifesto per rifare il mondo del calcio. Vi chiederete chi siamo noi: siamo i nostalgici. Gente che sa benissimo che il mondo è guasto, non c’è più religione e non c’è mai stata, che il Pallone è sempre stato gonfiato con quattrini, scommesse, partite arrangiate, arbitri comprati, venduti e cornuti. Com’è noto, e come dicevano i vecchi gourmet calcistici, il calcio non è un gioco per signorine. E quando lo è, devono essere signorine molto, molto disponibili. Non siamo mica moralisti. Ci andava bene tutto perché ci avevano promesso una quantità di roba: che il calcio sarebbe diventata un’industria, possibilmente quotata in Borsa, che le società sarebbero divenute imprese, i dirigenti si sarebbero trasformati in manager. Da un lato. Dall’altro, il gioco sarebbe diventato una scienza. Schemi perfetti, moduli esatti, traiettorie tracciate al computer. Nulla lasciato al caso. Il tre-quattro-uno-due o la difesa a cinque come una manifestazione della Trinità o dei Cinque postulati di Euclide (erano cinque, i postulati? Se sono di meno, compriamone qualcuno). E invece ci ritroviamo in una situazione in cui abbiamo il calcio corrotto di una volta, solo che rispetto al passato il piccolo cabotaggio delle combine, delle torte, delle pastette, è diventato a quanto dicono gli esperti un’industria del crimine. Allora, se è soltanto una questione di formato, per favore, non menatecela più. Non raccontateci più balle, dopo il tagliatasse, il salvafallimenti e il lodo sui diritti televisivi comprensivo dei rovesci finanziari. Se il calcio è rimasto quello di una volta, solo infinitamente più gonfiato, si tratta di tirare le conseguenze. Torniamo indietro. Ma integralmente. Torniamo all’epoca dei dirigenti pasticcioni, e anche allo stile faraonico dei presidenti storicamente definiti "ricchi scemi". Ma niente mezze misure: perché essere solo pasticcioni quando si può essere irresistibilmente cialtroni? Perché solo leggermente disonesti quando si può tornare ad agire da autentici farabutti? Non si trascuri che ciò può avere conseguenze entusiasmanti. I presidenti dovranno essere capaci esibire il remake di espressioni celebri come quella in risposta alla diagnosi dell’allenatore di turno sulla mancanza di amalgama: «Quanto costa questo amalgama, ché lo compriamo subito» (ovvero i latinismi imperfetti come "sine qua non", siamo qua noi). Gli allenatori saranno scelti solo tra ubriaconi, bevitori e sottanieri impenitenti. E quanto ai giocatori e al gioco, urge riaprire il discorso. Riaperto il discorso, sia chiaro che si dovrà giocare come una volta, con il libero, i terzini, le ali, senza fisime tattiche di tipo sacchiano o zemaniano. Anzi, i difensori dovranno essere truculenti e assassini, gli attaccanti veloci e potenti anche se possibilmente con i piedi di granito o unipedi. I trequartisti saranno giocolieri, funamboli, foche ammaestrate, capaci di tutto con il pallone anche se fisicamente flebili. E per finire: nel calcio del futuro, cioè quello di una volta, la preparazione fisica andrà considerata e punita come il doping. Cioè un mezzo illegale. Se deve vincere il talento, chi la mette sull’atletico va squalificato. Sine qua non.
18/05/2006