Il colpo da ko è venuto quando sulla prima pagina di un quotidiano di Torino è apparsa, di spalla, una column di Walter Siti dedicata ad "Amici", il programma di Maria De Filippi: «Trionfo di ascolti, mediamente sopra il 35 per cento di share, con vette del 55 verso la mezzanotte». Ostrega. «Era la puntata finale, d’accordo», proseguiva l’ottimo Siti, «ma in tutta la stagione il programma è rimasto intorno al 30, segnalandosi come il maggiore successo di Mediaset». Al che, già, al che, ci siamo inquietati. Mica per niente, ma per noi che siamo critici poco letterari il modenese Walter Siti è il migliore scrittore italiano contemporaneo (vedi "Troppi paradisi", 2006; "Il contagio", 2008). E dunque se un importante scrittore, autore di romanzi «in cui una lucida visione della realtà sociale spesso si sublima, e viene filtrata, da storie intense d’amore omosessuale» (Wikipedia), qualche animo malnato si potrà indispettire perché non gli frega nulla dei programmi di Maria la Sanguinaria (copyright Dagospia), o magari non gli importa un tubo delle intense storie omosessuali, o magari è uno scrittore italiano che detesta che qualcuno venga giudicato migliore di lui. Ma se il grande Walter Siti ci assicura che con "Amici" le famiglie «vogliono dimenticare i rischi di disoccupazione, la cocaina, l’indifferenza e il nichilismo sentimentale che minacciano i loro figli», noi diciamo "chapeau", ci inchiniamo al vincitore Marco Carta, e pronunciamo l’atto di dolore. Mi pento e mi dolgo di avere fatto scattare il pollice sul telecomando ogni volta che appariva "Amici". E giuro sui romanzi di Walter Siti: la prossima edizione, "Amici", lo guardo.
30/04/2008