La fiction di Raiuno dedicata a Caravaggio ha ottenuto un successo più che notevole. Il protagonista Alessio Boni ha riscosso consensi (e per i critici più vecchi era difficile evitare il confronto con Gian Maria Volontè, interprete del Merisi alcuni secoli televisivi fa). La regia di Angelo Longoni, la protagonista Elena Sofia Ricci, tutti bene. Poi, si sa che la vita di Caravaggio è effettivamente una fiction di per sé, e quindi la trama per una volta non mancava. Il momento critico è venuto quando Caravaggio viene introdotto a palazzo dal cardinal Del Monte, e incontra il bel mondo. Gli si avvicina un tale, che si rivela essere il suo quasi coetaneo Giovan Battista Marino (proprio lui, quello che «è del poeta il fin la maraviglia») e con una faccia un po’ così gli chiede più o meno: «Voi v’intendete anche di poesia? E chi preferite, l’Ariosto o il Tasso? ». C’è sempre un punto nelle ricostruzioni storiche cinematografiche in cui si sfiora il sussidiario o l’antologia delle medie (qualche momento del genere c’era anche in "Amadeus"). Tasso, Ariosto. Una soluzione fantasiosa poteva essere questa: che il Merisi tirasse una ginocchiata nelle parti basse al cavalier Marino, dicendogli in buon lombardo: «Tel chi l’Ariosto!», ovvero «Tel chi el Tasso!», così quel vagheggino, l’autore dell’"Adone", impara a farsi i fattacci poetici suoi. Gli eccellenti autori non hanno osato. Eppure il caratteraccio di Caravaggio avrebbe potuto consentire qualche licenza poetica. Comunque, ottimo film: da cui si capisce che anche nella tv del Terzo millennio i drammoni a tinte forti, luci e ombre per l’appunto caravaggesche, non deludono mai.
06/03/2008