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Casa delle fragilità

29/03/2001

Le debolezze elettorali della Casa delle libertà sono uno dei segreti meglio protetti della politica italiana. Nessuno ne parla. Eppure le incognite dell’alleanza berlusconiana sono lì, visibili a tutti. Non dipendono dalla somma dei voti e dalla percentuale complessiva, bensì dal risultato degli alleati minori. A osservare i sondaggi, infatti, si vede che il Ccd-Cdu veleggia spesso sotto la soglia del 4 per cento. Rocco Buttiglione lustra immagini poetiche («Il Biancofiore è come il fiore del baobab, che nasce piccolo per diventare poi un albero grande»), mentre Pierferdinando Casini ripete di puntare al 10 per cento. La realtà è che un cattivo risultato dei cattolici moderati, con l’ombra del fallimento del quorum nel proporzionale, può rappresentare un incidente significativo nel risultato totale del centrodestra. Oltretutto anche la Lega Nord si muove in una zona di numeri paludosi. In teoria, Umberto Bossi non dovrebbe nutrire preoccupazioni. Il blocco di centrodestra appare avviato a confermare la performance delle elezioni politiche del 1996 (quando Polo e Lega erano divisi, ma totalizzavano il 52,2 per cento), mentre si è sgonfiata la bolla della lista Bonino alle europee del 1999, che aveva saccheggiato l’elettorato del Carroccio portandolo a un risultato deludente (4,6 per cento rispetto al 10,1 del ’96). In teoria. In pratica, invece, di certezze non ce ne sono. La campagna elettorale di Silvio Berlusconi sta sfociando in un personalismo sempre più stressante. Ormai il messaggio della Casa delle libertà si riassume nella potenza simbolica di un cognome che eclissa tutto il resto, uomini e partiti. La sigla Berlusconi dà la sensazione di drenare consenso a danno degli alleati. Nel caso di An, il rischio è di conservare i voti finendo al traino. Ma per Bossi, Buttiglione e Casini i numeri potrebbero essere traditori. E la campagna della Casa delle libertà un po’ meno trionfale.

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