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Cercasi Prodi disperatamente

04/05/2000

Vietato illudersi che si possano replicare formule che in un passato anche recente avevano l’alone del successo. La mutazione della politica italiana rende impraticabile il continuismo. Perché l’onda lunga della trasformazione sociale impone un cambiamento radicale nelle strategie e nei programmi del centro-sinistra. Altrimenti, tenendo fede a un’idea stereotipata della politica, si cade dentro la "sindrome Martinazzoli": cioè si individua una personalità ispirata, intellettualmente sofisticata, che alla fine si rivela drammaticamente perdente contro lo sbrigativo Formigoni di turno. È per questo che il centro-sinistra si trova in un vicolo cieco. Perché sotto sotto continua a pensare di opporre al dilagante Berlusconi attuale dei competitori che non hanno chance. Tutti selezionati in base al criterio che sia possibile rintracciare un filo tra il passato e il presente, e che l’opinione pubblica sia disposta ad accogliere e votare un candidato per la sua capacità di impersonare un legame fra la tradizione della Repubblica e un avvenire politicamente secolarizzato. Favole belle, che preludono a illusioni letali. Se si guarda la galleria dei protagonisti, la sensazione è che l’unico schema sia il "tutti a casa". Oggi per il centro-sinistra il "primum vivere" significa soprattutto sgombrare il campo dalle aspettative sbagliate. Meglio il realismo: a costo di non salvare nessuno. WALTER VELTRONI. Caduto D’Alema, si poteva pensare che il suo alter ego ulivista fosse in "pole" per tentare la leadership solitaria. Veltroni rappresenta una delle più acrobatiche passerelle tese fra la storia nobilmente minoritaria della Prima Repubblica e la cultura dell’Ulivo mondiale. Ma le sue visite alle tombe di monsignor Dossetti e di don Milani, insieme ai pellegrinaggi nella casa torinese di Norberto Bobbio (sconsolatissimo quest’ultimo, perché gli italiani si sono consegnati ai barbari), costituiscono un omaggio intellettuale che l’Italia della new economy o del Nord-Est/Far West si rifiuta persino di comprendere. Così, il "mai stato comunista" di Veltroni assomiglia a una giustificazione più che a un programma, e le sue proiezioni africane sembrano un tentativo di acchiappare la globalizzazione dalla parte delle buone intenzioni anziché dell’enrichissez-vous, come invece fa la destra, che ha meno fisime e quando pensa all’Africa progetta di detassare le missioni, perché all’Africa ci pensino loro. MASSIMO D’ALEMA. Lo schian- to del leader Massimo, del Migliore reincarnato, del "comunista più intelligente e affidabile" (secondo Berlusconi) è stato tale da proiettare al di là del prevedibile le sue possibilità al rilancio. Ma lui non se n’è dato per inteso: poche ore dopo la batosta ha cominciato a rilasciare dichiarazioni contro la nuova partitocrazia (forse dimenticando che è stato lui, a suo tempo, a scommettere sulla Cosa 2, cioè il partito, contro la propria coalizione, vale a dire l’Ulivo), e tentando una velleitaria candidatura a capo degli innovatori contro i conservatori: come se in questo momento schierarsi per il maggioritario contro Berlusconi, e insistendo ostinatamente sulle regole anziché sui contenuti, significasse davvero essere progressisti. L’illusione di D’Alema è che sia possibile cercare una riscossa cavalcando una spinta riformatrice che era viva fino al 1998 (anno della caduta di Prodi), e che anche lui ha contribuito a insabbiare. CACCIARI, BASSOLINO, RUTELLI. Ogni volta che la politica va in crisi si rispolvera la storia che bisogna ripartire dal basso, dai sindaci, dal territorio. Ma Cacciari non era quello che si lamentava, dopo la seconda trionfale elezione dei sindaci ulivisti, dell’assenza di un’opposizione, e se ne diceva angosciato? Adesso l’ha trovata, l’opposizione. Dal canto suo Bassolino accarezza l’idea di poter diventare il salvatore del centro-sinistra, confortato dai riconoscimenti di Berlusconi, che non rinuncia alla possibilità di scegliersi l’avversario più comodo. E per Rutelli, il presunto "Prodi bello", si avvicina l’ora in cui si capirà che l’Ulivo può fare acclamare un sindaco, mentre è molto più improbabile che un sindaco possa rivitalizzare l’Ulivo. EMMA BONINO. A rigore non ha molto da spartire con il centro-sinistra. E quindi se ne parla di striscio, data l’infausta idea di D’Alema, pochi giorni prima del voto per le regionali, di chiedere ai radicali il voto disgiunto, chiamato opportunisticamente "voto utile". Un’improvvisazione dettata probabilmente da sondaggi (sbagliati) che attribuivano alla lista Bonino percentuali vicine alle due cifre. Mentre in realtà, come ha ripetuto un vecchio gourmet della politica come De Mita, la Bonino era una "bolla elettorale". Smaltita l’euforia delle europee, la fanciulla e il vampiro, Emma e Marco, sono tornati ai loro valori standard. Restano liberali, liberisti, libertari, maggioritari, "americani": ma il bluff per trasformare una minoranza in un’egemonia è ormai stravisto.

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