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Che presa in Giro

07/06/2007

C i sono diversi modi per assistere al Giro d’Italia, tutti più o meno legittimi. Quello più fuori moda consiste nell’appassionarsi alla gara fra i ciclisti, Simoni, Cunego e compagnia bella: in seguito a una serie di traversie disastrose, soprattutto doping, ormai il ciclismo è diventato uno sport per amatori, anziani signori vicini ai quarant’anni, campioni che strappano le salite alla vecchiaia e all’artrite, per i quali sarebbe indecoroso ricorrere all’autoemotrasfusione o all’ormone della crescita. Gli atleti in gara si equivalgono (a eccezione di Danilo Di Luca, abruzzese biondo e bello come un attore di Hollywood, che con quella faccia lì non si capisce perché ha deciso di immolarsi alla bicicletta, sfaticando sulle strade). Noi abbiamo fatto il tifo per il veneto Marzio Bruseghin, che ha un cognome da barzelletta sui veneti raccontata da Gino Bramieri o da Lino Toffolo, ed è uno legato alla terra, al vino e alla comunità, tanto che ha pure un allevamento di bellissimi asini: a uno di questi «gli parlavo quando era ancora nella pancia della madre, e adesso riconosce la mia voce, come un cane». Storia da Animal Planet, no? Dopo l’uomo che sussurra ai somari, bisognerebbe spendere qualche parola su Auro Bulbarelli e Davide Cassani, ma sarebbe fatica sprecata. D’accordo, Bulbarelli è il solito entusiasta che esalta anche le minuzie, si commuove per imprese che falliscono dopo minuti, celebra scatti in salita che si spengono dopo pochi metri, e Cassani è il solito specialista infallibile. Stop. Ma soprattutto per ciò che riguarda Bulbarelli, va capito, vorrei vedervi voi a raccontare un Giro di qualità mediobassa, cercando di tenere a forza di chiacchiere l’audience, gli sponsor, la pubblicità, i tifosi eccetera. Ma bisognerebbe ripetere invece che il Giro in tv è un’occasione unica per vedere pezzi d’Italia che non si vedono mai, e qualche volta dimostrano che il Bel Paese contiene ancora meraviglie intatte, luoghi così belli da intenerire il peggiore speculatore, e da far piangere il cuore anche ai biechi costruttori di ecomostri. Quest’anno ci hanno messo anche la rubrica culturale, dentro la tappa, sicché si possono vedere le bellezze dei luoghi, e assaporare per via d’antenna le specialità gastronomiche. Una goduria. Nei lenti pomeriggi di questo anticipo d’estate, la gara passa in secondo piano. Il Giro è una specie di vacanza quotidiana per riconciliarsi con l’Italia.

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