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Chi ha paura del rocker cattivo

05/06/2003

La piccola storia milanese e stupida su Marilyn Manson è finita come doveva finire, cioè in una bolla di sapone. La mozione presentata in consiglio comunale da alcuni esponenti di Forza Italia "di area ciellina" (come dicono le cronache) non è neppure stata discussa, e quindi il 7 giugno il rocker satanico si esibirà, salvo nuovi imprevisti, al Mazda Palace di Milano, per la soddisfazione dei suoi fans italiani. La vicenda è del tutto inessenziale, ma come molte storie inutili possiede un suo accertabile valore simbolico. Marilyn Manson sarà un cantante in odore di dannazione, un performer cattivista, un cattivo esempio sul filo dell’horror, soprattutto quando si esibiva con i denti d’acciaio e la benda nera sull’occhio sinistro, e se si vuole anche un individuo che gioca sinistramente con l’ambiguità sessuale ed erotica: insomma l’emblema di una trasgressione mercantile e programmatica, dichiarata esplicitamente a cominciare dallo pseudonimo, che richiama volutamente la figura di Charles "Satana" Manson, il massacratore di Sharon Tate. Ma detto tutto questo, il suo successo e i suoi tour sono una faccenda che riguarda il mercato e il suo pubblico, e non la tutela dei minori o la pubblica moralità. Se mercato e pubblico amano quella prevedibile miscela di trash e di kitsch, affari loro. Soltanto un residuo di pedagogismo lievemente autoritario, o più semplicemente fessacchiotto, può indurre la politica a metterci il becco, a prospettare mozioni di censura, per preservare la purezza etica dei giovani lombardi e italiani. Il che però rivela qualcosa della presunta egemonia liberale che avrebbe ormai educato in profondità l’Italia contemporanea. Va bene che il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, ha avuto il buon senso di dichiararsi subito per «la libertà di pensiero, di opinione e di stile di vita se non ci sono violazioni di legge», contribuendo così a sgonfiare il tremendo caso Manson, ma la prima conseguenza che se ne può trarre è che il liberalismo non è una proprietà privata di uno schieramento politico. Vale a dire che nella Casa delle libertà allignano ancora numerose figure che al liberalismo sono arrivate con un corso troppo accelerato, e quindi con notevoli buchi nel curriculum. Potrà sfiorare la comicità che il concerto diabolico abbia poi ricevuto il patrocinio di Rifondazione comunista, dal momento che Marilyn Manson ha tutto l’aspetto, dal satanismo all’ambiguità sexy, e anche per essere il prodotto di una spregiudicata pianificazione commerciale, di non risultare particolarmente congruente con lo statuto ideologico neocomunista. Sono incerti della cultura postmoderna. Tuttavia nello stesso tempo si può anche mettere a fuoco che a Bologna il sindaco Guazzaloca ha dato il suo via libera al rave antiproibizionista che per il settimo anno attraverserà le strade di Bologna. In attesa di sapere se il suo avversario alle comunali dell’anno prossimo sarà effettivamente Sergio Cofferati, Guazzaloca si è comportato come si comporta un liberale senza fisime: prendendosi anche il rischio di qualche contraccolpo politico, dato che gli esponenti di Alleanza nazionale, suoi alleati in consiglio comunale, hanno parlato subito di "grave errore" del sindaco. Conclusione. Sarebbe il caso di piantarla con i proclami di liberalismo unilaterale. Dovrebbe essere chiaro che la patente liberale non viene rilasciata in seguito a pronunciamenti epocali contro il comunismo e i comunisti, e a esorcismi sulla minaccia alla democrazia portata dalle sinistre, bensì in seguito a comportamenti pratici sul campo. Il significato di piccole storie come quelle di Milano e di Bologna è che il gusto per la libertà non dipende dalle collocazioni d’area politica. Ogni decisione che implica tolleranza comporta anche modesti sacrifici politici, e un gusto per la convivenza civile che trascende l’enfasi dei valori irriducibili. I valori si praticano giorno dopo giorno. E sono proprio le scelte quotidiane che offrono ai cittadini la possibilità di giudicare se i liberali sulla scena politica sono autentici, o se sono taroccati, come talvolta sembra.

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