Dici: sta arrivando l’estate. No, rispondono i seguaci di Al Gore: è il riscaldamento globale. Ti sbagli: è l’estate che torna. Lo dimostra la fine dei talk show. Ha chiuso bottega "L’Infedele", una delle isole di riflessione fra le risse tipiche di tutti i programmi di conversazione, dove anche i più timidi ormai hanno imparato le tecniche per parlare sulla voce degli altri: «Il primo punto… Il primo punto…», e mentre l’altro cerca di interloquire, gli si rovescia addosso: «Il primo punto… Il primo punto…». E ha concluso la sua serie ufficiale anche "Otto e mezzo", benché il programma continui sotto Pietrangelo Buttafuoco (ma senza Giuliano Ferrara, senza le sue scocciature, senza la noia che all’improvviso sembra calargli addosso come una coperta, come un incantesimo, come un colpo di sonno, o senza la sua improvvisa accensione quando un argomento o un ticchio improvviso lo rianimano, be’, senza tutto questo "Otto e mezzo" è un’altra cosa). D’accordo che rimane sempre la possibilità di rivolgersi a "Annozero", ma con Michele Santoro si sa dove si finisce: nella polemica politica. Come con i preti pedofili e monsignor Fisichella, che tutti hanno detto quanto è stato bravo, urka che stile e accidenti che classe, ma invece era chiaramente in difficoltà, e alla fine nelle famiglie ci si è guardati in faccia, e ci si è detti: òstrega. Non è che sia stato molto convincente, il monsignore, a spiegare perché il Vaticano e le gerarchie e il Santo Uffizio hanno coperto i casi dei preti-canaglia spostandoli di qua e di là. Ci mancheranno, Lerner e Ferrara, nella lunga estate caldissima: perché sarebbero stati bravissimi su temi non proprio facili. Prendete la faccenduola, rivelata da "L’espresso", degli errorini del papa nel libro su Gesù. Lerner ne avrebbe fatto una disquisizione biblica e teologica, con interpreti delle fonti, rabbini, talmudisti, glossatori e magari Moni Ovadia. Mentre Giulianone ne avrebbe forse fatto un teatrino schizofrenico, cercando di spiegare come a commettere gli errori non sia stato Benedetto XVI, ma Joseph Ratzinger. Immaginatelo: «Non il sovrano pontefice di Maistre, non l’emblema eterno dell’universalità del cattolicesimo, non la macchia bianca nella penombra di una biblioteca, bensì l’individuo Ratzinger, l’essere transeunte e fragile, e per ciò stesso da amare con l’ammirazione filosofica degli scettici…». Arrivederci, amici, vi sia lieve l’estate.
14/06/2007