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Ci vorrebbe un piccolo Buddha

25/07/2002

Dunque il farmaco per l’Ulivo sarebbe la «vicinanza generazionale» con i giovani. A Giuliano Amato, vecchio e sottile dottore, è sempre piaciuto sparigliare: attacchi al "centopadelle" quando era in voga il partito delle cento città, aperture alle tematiche femminili in un universo politico protervamente maschilista, prove d’attenzione ai cattolici non solo sulla bioetica. Adesso, dopo l’incontro prodiano di Camaldoli, è arrivata un’intervista a "la Repubblica" in cui ha squadernato il suo largo ai giovani. Inutili le ironie sui leader da discoteca (abbiamo già dato, e avuto) e sui politici yè-yè. Anche perché secondo i sospettosi lo spariglio sui giovani ha l’aria di una mossetta movimentista per dissolvere l’ombra over-60 di Romano Prodi sull’Ulivo. In verità, Amato l’ha messa sulle generali: «Io penso che debba maturare una leadership più giovane, una nuova generazione, perché abbiamo una forte difficoltà a sintonizzarci con i giovani». Ma più che un problema di sintonia è un’antenna che non prende. Secondo l’indagine Iard sulla realtà giovanile, il 27 per cento dei ragazzi dichiara il voto per An, primo partito in assoluto. Eppure, se il centrosinistra vuole riguadagnare competitività deve caratterizzarsi in chiave moderna. Anche per mettere allo scoperto le contraddizioni interne al centrodestra: in una clamorosa indagine pubblicata nell’ultimo numero del "Mulino", il direttore dell’Istituto Cattaneo, Piergiorgio Corbetta, ha mostrato che la Casa delle Libertà è popolata di elettori "periferici", con vaste quote sopra i 65 anni (ampia presenza di casalinghe, pochi laureati, moltissimi non-lettori). Secondo questa analisi, Berlusconi usurpa la rappresentanza delle novità sociali. E quindi l’Ulivo dovrebbe porsi alla caccia di una leadership capace di connettersi con l’elettorato più giovane e dinamico, scoprendo il bluff in doppiopetto degli "old yuppies" di Forza Italia. Purtroppo dietro gli illuminati auspici di Amato c’è buio fitto. Può darsi che il piccolo Buddha sia già nato, e stia facendo in silenzio il suo training politico, ma per il momento non si è ancora manifestato né ai fedeli né agli infedeli. Così l’esame di maturità dei possibili leader generazionali è un centro di frustrazione permanente. Si guarda nei curricoli e chi si vede? Ecco il profilo in apparenza perfetto di Enrico Letta: trentacinque anni, ex ministro, il più ulivista dei margheriti, preparazione europea e spunti di humour da ragazzo disinibito. È il volto più "cool" del centrosinistra, capace di polemizzare a colpi di sarcasmo giovanilista con gli exploit di Giulio Tremonti: tuttavia il golden boy Letta, cresciuto alla scuola micidiale di Beniamino Andreatta, e suo successore alla guida dell’Arel, sembra più che altro un perfetto giovane vecchio. Piace alle dinastie governative, che vedono in lui la reincarnazione dei dc modernisti. Ma che il suo riformismo, situato all’incrocio di mercato e socialità, possa eccitare la fantasia del mondo giovanile è tutto da vedere. Provate voi a parlare della «comunità competitiva» (titolo del suo libro più recente) al popolo della notte, alle aspiranti veline, ai saranno famosi, e anche semplicemente ai normali individualisti plasmati da Mediaset: la comunicabilità non è immediata. Fra gli altri, e le altre, si è appannato il karma di Giovanna Melandri, che pure fece impazzire di rabbia il vertice del Polo in tv, semplicemente svelando con puntiglio liceale le velleità liberiste stampate nel programma. Fu chiamato "effetto Melandri", e qualcuno sostenne che la melandrinata fu il punto di svolta della vittoria del 1996. L’eterno ragazzo in blu Pietro Folena è stato giovane solo per dovere d’ufficio. Lapo Pistelli e Dario Franceschini sono promesse in via d’invecchiamento. Il resto, adulti precoci e ripetenti veri. Al sottile Amato, un Prodi in forma fisica superiore, con i suoi sette chili in meno (e tre ore e otto minuti sudati in bici fra Cesena a Camaldoli, tiè) potrebbe rispondere che giovani non si nasce ma si diventa: e lui, va da sé, modestamente lo diventò.

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